Lovelace, la recensione

Un biografico così attento a sottolineare la natura di vittima della sua protagonista da dimenticare che l'argomento trattato è molto più importante...

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La parte più interessante della vita di Linda Lovelace è che la più nota e importante attrice porno della storia del cinema ha fatto parte di quell'industria per soli 17 giorni, ma tanto è bastato a cambiare la sua vita e quella di quel genere.

Il punto di vista che i documentaristi Friedman ed Epstein decidono di adottare però è quello della donna sfruttata, dipingendo una Linda Lovelace incapace di prendere vere decisioni e sballottata tra il marito violento, i genitori bigotti e un business ovviamente spietato, come se il porno fosse arrivato dall'alto, come fosse un elemento neutro della storia e non il vero protagonista.

Molto del film viene quindi dalla biografia della stessa Lovelace come si capisce, una storia a senso unico che, tutta concentrata sulla vittima, dimentica di narrare questo tassello fondamentale del processo di liberazione sessuale sociale (eppure nel film lo si ripete spesso). E anche quando nel film entra il porno questo è raccontato dimenticando la sua caratteristica determinante: la libertà sessuale.

Concentrato come si conviene al genere sul gossip, sui problemi e le contraddizioni dei personaggi invece che sulle motivazioni per le quali questi si sono meritati un film a loro dedicato, anche Lovelace tratta come un elemento neutro la causa della fama della sua protagonista, non lo indaga nè lo spiega realmente. E come ancora più spesso capita la vita della diretta interessata non ha uno svolgimento drammaturgico così originale o appassionante da tenere l'interesse fino alla fine.

Non è un Boogie Nights ben documentato (com'era legittimo aspettarsi) ma più un Ray o Great balls of fire qualsiasi, un film cioè che invece che prendere scelte radicali vuole accontentare tutti con una versione cinematografica della liberazione sessuale attraverso le immagini dall'atteggiamento puritano e bacchettone. Un'agiografia in cui alla fine sembra addirittura che i genitori bigotti forse non avessero tutti i torti e che l'industria del porno equivalga alla prostituzione.

Fermi restando i fatti, che poi esistono quasi solo nella versione di Linda Lovelace, è quindi il punto di vista cioè l'importanza che a questi il film sceglie di dare a fornire la più desolante delle prove.

Continua a leggere su BadTaste