Lovecraft e altre storie, la recensione

Abbiamo recensito per voi Lovecraft e altre storie, quarto volume di NPE dedicato alle opere di Dino Battaglia

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Lovecraft e altre storie: Omaggio a Lovecraft, pagina 27Lo scorso maggio è arrivato in fumetteria e in libreria il quarto volume NPE dedicato a Dino Battaglia. Dopo L'uomo della legione, tocca a un cartonato che contiene alcuni dei tanti tributi del genio italiano a grandi nomi della letteratura mondiale.

Mentre Edgar Allan Poe e Maupassant, rispettivamente prima e seconda uscita della collana, sono due volumi monografici per la quantità di materiale a disposizione, Lovecraft e altre storie è un antologico che colleziona sei racconti brevi di varia natura e suggestione, in cui l'autore dà prova di tutta la sua arte nel catturare attraverso le immagini le atmosfere e le sensazioni più sfuggenti - ma essenziali - dell'horror, come l'indefinito, l’angoscia e la parte oscura dell’animo umano.

Dopo un’ampia e interessante introduzione di Angelo Nencetti, che rintraccia e inquadra tutte le fonti pittoriche a cui ha attinto Battaglia nella stesura dei brani del tomo, troviamo Omaggio a Lovecraft, il riconoscimento personale dell'artista al Solitario di Providence, nello specifico al capolavoro assoluto della sua produzione: Il Ciclo di Cthulhu.

Il soggetto è chiaramente ispirato a La maschera di Innsmouth (The shadow over Innsmouth, 1936), ma la cittadina portuale in cui si perde Jonas Wale non è quella eponima del romanzo originale, bensì la misteriosa Asenath, un evidente riferimento a Asenath Waite di La cosa sulla soglia (The Thing on the Doorstep, 1933), uno degli sparuti personaggi femminili presenti nelle opere di Lovecraft. Appaiono tutt'altro che casuali anche il nome del protagonista della storia - che ricorda quello del profeta biblico Giona - e il suo cognome, che rimanda all'essere marino che lo inghiottì ("Whale", ossia "balena", in inglese); una trovata che aggiunge sferzante ironia e sarcasmo alle parole finali con cui si conclude la sfortunata avventura del povero viaggiatore di commercio.

La parte grafica è l'ennesima prova della genialità di Battaglia nell'uso delle chine. I neri sono masse, graffi e macchie che insieme al bianco del foglio alternano elementi appena abbozzati a figure complesse all'interno di una gabbia estremamente libera: è così che l'esperienza allucinante, lo smarrimento e il terrore di Wale (che da impalpabile si trasforma man man in incubo concreto) conducono il lettore alla mostruosità finale.

Con La malizia del diavolo si cambia totalmente registro stilistico e narrativo. In sole quattro dense tavole, Battaglia propone il suo adattamento di una cronaca medioevale utilizzando un tratto che emula lo stesso delle miniature del periodo storico, così come i caratteri del lettering che diventano una cosa sola con il disegno e contribuiscono al fascino della vicenda intrisa della superstizione e del timore del soprannaturale cari ai Secoli Bui, che qui prendono forma in un astuto demonio che vuole, in cambio della vita, l'anima di un soldato.

Totentanz è una rivisitazione a fumetti dell'omonima suonata per pianoforte, orchestra e composta nella prima metà dell'800 da Franz Liszt. La cupidigia da parte di un allievo pittore del denaro e della donna del suo mentore sfocia in tragedia e si chiude con il filo conduttore della storia, la Danza Macabra tardomedioevale, quella famosa di Simone II Baschenis, conservata su una delle facciate esterne della chiesa di San Vigilio a Pinzolo (TN), di cui viene riprodotto lungo le didascalie anche l'inquietante monito riportato nel testo sottostante l'affresco (nell'italiano locale):

Io sont la morte che porto corona - Sonte signora de ognia persona - Et cossì son fiera forte et dura - Che trapasso le porte et ultra mura […] Revolge mia danza a tondo a tondo et son quela che fa tremare el mondo.

Il segno torna a essere quello più riconoscibile del Maestro veneziano, fatto di giochi di luce e oscurità, semplici e straordinari colpi di pennino. Ancora il diavolo è protagonista ma questa volta di una leggenda nata attorno alla bellezza e alla vanità del nobildonna lucchese Lucida Mansi, vissuta nella prima metà del XVII secolo. In Il patto, il maligno pretende l'anima dell'attraente fanciulla promettendogli trent'anni di imperturbabile giovinezza. Tornano i contrasti di chiaroscuri, sebbene più patinati, talvolta mitigati da un effetto quasi vaporoso che raggiunge un apice poetico e gotico nella resa degli esterni.

Lovecraft e altre storie: Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, pagina 72Le due trasposizioni che completano la raccolta si rivolgono a un classico della letteratura fantastica, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde - ovvero Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde (1886), di Robert Louis Stevenson - e a un altro che lo diventerà in ambito horror: Il Golem.

Nell'erudita e sempre piacevole disquisizione di Alfredo Castelli in postfazione, ci viene spiegato nel dettaglio il mito del gigante d'argilla forgiato da Rabbi Loew sul finire del 1500, utilizzando le conoscenze esoteriche tramandate dalla Qabbalah per difendere gli ebrei del ghetto di Praga.

L'estro e l'intuizione creativa di Battaglia vanno a pescare in pellicole del cinema muto, su tutte Il Golem: Come venne al mondo (Der Golem: Wie er in die Welt kam, 1920), di Paul Wegener, e ne fanno un vero e proprio precursore dell'argomento declinato poi in mille sfumature in tempi più recenti.

Entrambe sono due prove superlative di tecnica e regia. In Jekyll non vi è pressoché linea né demarcazione tra le vignette ma un mosaico di ombre di diversa intensità, dalla più diafana alla più decisa, trasportano il lettore nelle strade oscure e umide della Londra vittoriana e sono gli sfuocati fotogrammi attraverso cui scorre la follia e la disperazione degli eventi. Nelle pagine de Il Golem, i contorni sono decisamente più netti, così come il contrasto tra carta e inchiostro che polarizza l'empietà della scena, immersa nella tenebra che avvolge colui che osa sostituirsi a Dio nel dare la vita.

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