Lovecraft Country 1x05 "Lo strano caso"/1x06 "Incontriamoci a Daegu": la recensione

Al quinto e sesto episodio, Lovecraft Country cambia pelle, letteralmente, e il body horror si impossessa della narrazione

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Spoiler Alert
Lovecraft Country 1x05 "Lo strano caso"/1x06 "Incontriamoci a Daegu": la recensione

Al quinto e sesto episodio, Lovecraft Country cambia pelle, letteralmente. Il body horror si impossessa della narrazione, ne guida l'intreccio sostenuto dal solito forte sottotesto sociale, e tutto somiglia più a Cronenberg che a Lovecraft. Lo strano caso e Incontriamoci a Daegu sono due grandi episodi, forse i migliori di questo solidissimo progetto. La serie HBO conferma la propria natura episodica, un'antologia – per quanto abbia una storia generale – di situazioni orrorifiche che ricadono tutte sotto lo stesso ombrello. Si parla di discriminazione, accettazione, prevaricazione, e delle diverse forme di comunicazione, tanto del linguaggio quanto del corpo, che presiedono al confronto tra esseri umani di ogni luogo.

Strange Case, fin dal titolo che cita lo "strano caso" del dr. Jekyll, ci racconta di una trasformazione. Certo, più gore e violenta rispetto a quella del romanzo di riferimento. Ruby, grazie ad una sostanza iniettata da William, riesce a trasformarsi in una donna bianca. Tra l'altro dovremmo notare che le fattezze della donna sono le stesse di Dell, la donna che avevamo visto nel secondo episodio alla villa di Samuel Braidwhite. Probabilmente la pozione per la trasformazione si basa sul suo sangue. In ogni caso, qui in una palese metafora sociale-horror che non avrebbe sfigurato in un film del produttore Jordan Peele, Ruby è trattata in modo diverso sulla base del suo aspetto. Al lavoro, in società, dalle forze dell'ordine, è davvero una donna diversa agli occhi del mondo.

Non è un'idea particolarmente sottile, ma la scrittura non segue la strada più logica, o la più accondiscendente. C'è sofferenza e dolore nella trasformazione, a raccontarci che l'assimilazione, anche culturale, è un processo traumatico e tutt'altro che indolore. Ruby stessa non ne verrà gratificata, tutt'altro, sperimenterà altre forme di crudeltà e di rabbia. In particolare, in una delle ultime scene, "violentando" il suo capo con uno stiletto – di per sé già un simbolo di emancipazione femminile – che qui diventa strumento di tortura. In chiusura, sempre nell'ottica della trasformazione, scopriamo che William e Christina sono la stessa persona (o meglio, che anche Christina si trasformava in qualcun altro).

Meet Me in Daegu è una piccola perla. Puntata episodica se mai ce ne erano state finora nella serie, ci trasporta qualche anno indietro durante la Guerra di Corea nel paese. Il collegamento naturalmente è Atticus, che lì aveva combattuto, ma la protagonista è Ji-Ah (Jamie Chung). L'avevamo già vista, ma senza alcun contesto, nella scena iniziale della serie, durante il sogno di Atticus. Qui conosciamo la sua terrificante storia, e già è un Lovecraft Country uguale e diverso rispetto a se stesso, che moltiplica i temi delle divisioni sociali e dell'apparenza rispetto alla comunità, ma che si appoggia anche al folklore locale.

In particolare, scopriremo in una scena horror giustamente molto esagerata, Ji-Ah è una Kumiho (uno "spirito della volpe a nove code"). Ossia un demone che deve raccogliere le anime di cento uomini per tornare umana. Gliene manca solo una per compiere il proprio rito, e non è difficile immaginare su chi potrebbe ricadere la scelta. L'episodio è splendido ed è probabilmente il migliore della serie, una gemma orientale che di quella tradizione assimila linguaggio, tradizione, comunicazione, risoluzione dell'intreccio. C'è un romanticismo dannato di fondo che consegna questa storia ad una leggenda pronta ad essere narrata – e che ovviamente è totalmente estranea a Lovecraft, che a questo punto è solo un riferimento di fondo.

Il titolo della puntata riprende quello del film con Judy Garland Meet Me in St. Louis. Ji-Ah è infatti molto appassionata di film americani, e questo ci dice molto sul suo desiderio di fuga da una realtà difficile, ma ci parla anche del soft power americano che già si infiltra nel paese attraverso i mezzi di comunicazione e il cinema. È un'altra forma di assimilazione culturale.

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