Love, Death & Robots (terza stagione): la recensione
Love, Death & Robots torna con una terza stagione caratterizzata degli stessi pregi e dai medesimi difetti che hanno reso celebre lo show
La seconda stagione, uscita nel maggio del 2021, dimezzò il numero degli episodi, dimostrando ancora una volta la follia dei vari autori coinvolti. Nonostante un discreto successo di pubblico e di critica, furono però evidenti le prime crepe sulla superficie di questo progetto. Crepe relative al comparto narrativo, incapace di valorizzare la psicologia dei personaggi in puntate dalla durata media di 10 minuti. Proprio per questo motivo, infatti, a trionfare furono gli episodi umoristici, perfetti per siparietti più brevi.
UNA GRANDE VARIETÀ STILISTICA
Ancora una volta la serie prodotta da Netflix mette sul piatto una sequenza di episodi dalle differenti cifre stilistiche. Episodi dal tratto realistico come Un brutto viaggio e Sciame o dai contorni grotteschi come Morte allo squadrone della morte e Mason e i ratti. La follia estetica rimane il punto di forza dello show. Uno show in grado di sfornare una puntata dopo l’altra, lasciando però sempre una sensazione di stupore impressa negli occhi dello spettatore.
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STESSI PREGI, STESSI DIFETTI
Se i pregi di Love, Death & Robots rimangono immutati, lo stesso si può dire purtroppo anche i difetti: meno della metà degli episodi risultano davvero interessanti sotto il profilo della scrittura, risultando spesso vuoti esercizi di stile. Non che questo sia un difetto, ma ci sarebbe piaciuto che lo show potesse imparare dai propri errori, per dare vita a un’opera completa sotto tutti i punti di vista.
Al di là del già citato episodio di Alberto Mielgo, è però impossibile non rimanere colpiti dalla seconda puntata, diretta proprio da David Fincher. In “Un brutto viaggio” si notano le vette alle quali potrebbe ambire questa serie: bagnate di sangue e dolorose come il sale sulle ferite, ma allo stesso tempo dannatamente affascinanti e ipnotiche.
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La terza stagione di Love, Death & Robots coinvolgerà tutti i fan di questa particolare proprietà intellettuale, ma difficilmente farà cambiare idea a coloro che non sono riusciti ad apprezzare quanto visto sinora. Ancora una volta, quindi, non possiamo fare altro che sperare che Tim Miller e gli altri autori coinvolti sappiano fare un ulteriore salto di qualità, lavorando a un’inevitabile quarta stagione narrativamente più matura. Per ora, comunque, ci beiamo della meraviglia estetica di questi nuovi nove episodi.