Love, Death & Robots (terza stagione): la recensione

Love, Death & Robots torna con una terza stagione caratterizzata degli stessi pregi e dai medesimi difetti che hanno reso celebre lo show

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Quando venne pubblicata la prima stagione di Love, Death & Robots, il pubblico di tutto il mondo rimase a bocca aperta di fronte a uno show tanto particolare. L’idea dietro al progetto era e rimane molto semplice: una serie di racconti a tinte horror e caratterizzati da un design estetico unico e particolare. Dietro la supervisione di quest'opera antologica, le agili menti di Tim Miller, David Fincher, Jennifer Miller e Joshua Donen, in grado di dare vita a idee bizzarre, ma portate su schermo con innegabile maestria.

La seconda stagione, uscita nel maggio del 2021, dimezzò il numero degli episodi, dimostrando ancora una volta la follia dei vari autori coinvolti. Nonostante un discreto successo di pubblico e di critica, furono però evidenti le prime crepe sulla superficie di questo progetto. Crepe relative al comparto narrativo, incapace di valorizzare la psicologia dei personaggi in puntate dalla durata media di 10 minuti. Proprio per questo motivo, infatti, a trionfare furono gli episodi umoristici, perfetti per siparietti più brevi.

A partire da oggi, 20 maggio 2022, è disponibile la stagione 3 di Love, Death & Robots, costituita ancora una volta da un ridotto numero di puntate. Nell’ultima settimana abbiamo visto e rivisto lo show e siamo finalmente pronti per parlarvene. 

Love, Death & Robots

UNA GRANDE VARIETÀ STILISTICA

Ancora una volta la serie prodotta da Netflix mette sul piatto una sequenza di episodi dalle differenti cifre stilistiche. Episodi dal tratto realistico come Un brutto viaggio e Sciame o dai contorni grotteschi come Morte allo squadrone della morte e Mason e i ratti. La follia estetica rimane il punto di forza dello show. Uno show in grado di sfornare una puntata dopo l’altra, lasciando però sempre una sensazione di stupore impressa negli occhi dello spettatore.

Un plauso particolare a La morte dei minimorti, cortometraggio che mostra un pianeta in miniatura assediato dagli zombie. Questo mondo appare come un gigantesco diorama, ibridando ambienti mostruosamente affascinanti con una CGI che ci ha ricordato i migliori twin stick shooter con visuale isometrica. Imperdibile poi Jibaro, nuova opera di Alberto Mielgo, celebre autore de La Sposa cadavere e Art Director di  Spider-Man: Un Nuovo Universo. Utilizzando il suo stile unico, Alberto porta in scena quella che è, probabilmente, la puntata emotivamente più forte, posizionata sapientemente a chiusura della stagione.

STESSI PREGI, STESSI DIFETTI

Se i pregi di Love, Death & Robots rimangono immutati, lo stesso si può dire purtroppo anche i difetti: meno della metà degli episodi risultano davvero interessanti sotto il profilo della scrittura, risultando spesso vuoti esercizi di stile. Non che questo sia un difetto, ma ci sarebbe piaciuto che lo show potesse imparare dai propri errori, per dare vita a un’opera completa sotto tutti i punti di vista. 

Al di là del già citato episodio di Alberto Mielgo, è però impossibile non rimanere colpiti dalla seconda puntata, diretta proprio da David Fincher. In “Un brutto viaggio” si notano le vette alle quali potrebbe ambire questa serie: bagnate di sangue e dolorose come il sale sulle ferite, ma allo stesso tempo dannatamente affascinanti e ipnotiche.

La terza stagione di Love, Death & Robots coinvolgerà tutti i fan di questa particolare proprietà intellettuale, ma difficilmente farà cambiare idea a coloro che non sono riusciti ad apprezzare quanto visto sinora. Ancora una volta, quindi, non possiamo fare altro che sperare che Tim Miller e gli altri autori coinvolti sappiano fare un ulteriore salto di qualità, lavorando a un’inevitabile quarta stagione narrativamente più matura. Per ora, comunque, ci beiamo della meraviglia estetica di questi nuovi nove episodi.

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