Love, Death & Robots (seconda stagione): la recensione

Love, Death & Robots torna con la stagione 2 e otto nuovi segmenti che raccontano storie di violenza e cinismo

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Love, Death & Robots stagione 2, la recensione

La seconda stagione di Love, Death & Robots è caratterizzata da molti meno corti rispetto alla prima, ma dalla durata media più lunga. Sono otto in tutto, e due di questi superano il quarto d'ora di durata. In ogni caso si tratterà di una visione su Netflix più rapida rispetto alla prima stagione, e forte è la sensazione di trovarci di fronte ad un film a episodi che solo per comodità è stato diviso in puntate. I tre concetti del titolo – amore, morte e robot – sono ancora una volta la pietra angolare di queste storie, volutamente sgradevoli, ciniche e dalla violenza grossolana. La visione di queste puntate – tutte basate su racconti di vari autori – è dimenticabile, e mancano le (poche) perle che avevamo visto nella prima.

Si comincia in salita, con Servizio clienti automatico: il corto mostra un elettrodomestico impazzito che aggredisce una donna e in un mondo asservito già di suo a beni di consumo. Ma Wall-E l'aveva già raccontato meglio, e con un design più piacevole. Ghiaccio è una breve avventura di due fratelli in un mondo abitato da esseri potenziati in cui essere normali è fonte di discriminazione. Qui va molto meglio: Robert Valley conferisce al segmento una forte impronta visiva, e in fondo la sua mano era già dietro Zima Blue, che era forse il miglior corto della prima stagione. La storia e l'ambientazione tuttavia non hanno particolare respiro, e infine non rimane molto.

Pop Squad ha la storia più articolata, tanto che si potrebbe immaginare bene un film basato su di questa. In un mondo in cui una ristretta cerchia di persone ha raggiunto l'immortalità, il numero di esseri umani va mantenuto fisso. Quindi un agente deve trovare chi viola la legge e decide di avere dei bambini. Lo svolgimento della storia è prevedibile e lineare, ma è la puntata che riserva i maggiori sussulti emotivi. Snow nel deserto, altrettanto lungo, mostra la caccia serrata ad un individuo dotato di capacità rigeneratrici. Sicuramente è il segmento che aderisce di più al titolo della serie.

L'erba alta è un breve corto che punta tutto sulla tensione, tratto da un racconto di Lansdale che deve molto a Lovecraft. Era la notte prima di Natale, invece, è incentrato sul senso del grottesco, e nella sua brevità raggiunge il suo obiettivo. Difficile invece trovare un senso a La cabina di sopravvivenza, che mostra una breve lotta tra un umano e un robot. Infine, Il gigante affogato adatta una storia assurda di Ballard, che lavora molto di più sul tipo di narrazione (una voce narrante che sembra uscita da un racconto di Poe) che sulla storia in sé.

Anche nella seconda stagione, Love, Death & Robots nasconde dietro una cornice futuristica e una violenza caricata una generale insufficienza nelle tematiche. La ricerca del puro shock visivo – che non è mai tale perché è troppo caricato – anestetizza ogni coinvolgimento emotivo e sincero trasporto. La violenza nella serie è ovunque, ma travisa il significato di maturità per diventare goduriosa e innocua. E anche quando non lo sarebbe, come in Pop Squad, non riesce ad andare oltre una visione che sia poco più che letterale. In queste storie l'amore è improvviso e fisico, la morte è esagerata e innocua, i robot sono definiti solo in base alla violenza. Il fotorealismo stesso – soluzione usata il più delle volte – allontana dalle sperimentazioni che in realtà l'animazione dovrebbe favorire. Storie ciniche per tempi cinici.

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