Love, Death & Robots (seconda stagione): la recensione
Love, Death & Robots torna con la stagione 2 e otto nuovi segmenti che raccontano storie di violenza e cinismo
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La seconda stagione di Love, Death & Robots è caratterizzata da molti meno corti rispetto alla prima, ma dalla durata media più lunga. Sono otto in tutto, e due di questi superano il quarto d'ora di durata. In ogni caso si tratterà di una visione su Netflix più rapida rispetto alla prima stagione, e forte è la sensazione di trovarci di fronte ad un film a episodi che solo per comodità è stato diviso in puntate. I tre concetti del titolo – amore, morte e robot – sono ancora una volta la pietra angolare di queste storie, volutamente sgradevoli, ciniche e dalla violenza grossolana. La visione di queste puntate – tutte basate su racconti di vari autori – è dimenticabile, e mancano le (poche) perle che avevamo visto nella prima.
Pop Squad ha la storia più articolata, tanto che si potrebbe immaginare bene un film basato su di questa. In un mondo in cui una ristretta cerchia di persone ha raggiunto l'immortalità, il numero di esseri umani va mantenuto fisso. Quindi un agente deve trovare chi viola la legge e decide di avere dei bambini. Lo svolgimento della storia è prevedibile e lineare, ma è la puntata che riserva i maggiori sussulti emotivi. Snow nel deserto, altrettanto lungo, mostra la caccia serrata ad un individuo dotato di capacità rigeneratrici. Sicuramente è il segmento che aderisce di più al titolo della serie.
Anche nella seconda stagione, Love, Death & Robots nasconde dietro una cornice futuristica e una violenza caricata una generale insufficienza nelle tematiche. La ricerca del puro shock visivo – che non è mai tale perché è troppo caricato – anestetizza ogni coinvolgimento emotivo e sincero trasporto. La violenza nella serie è ovunque, ma travisa il significato di maturità per diventare goduriosa e innocua. E anche quando non lo sarebbe, come in Pop Squad, non riesce ad andare oltre una visione che sia poco più che letterale. In queste storie l'amore è improvviso e fisico, la morte è esagerata e innocua, i robot sono definiti solo in base alla violenza. Il fotorealismo stesso – soluzione usata il più delle volte – allontana dalle sperimentazioni che in realtà l'animazione dovrebbe favorire. Storie ciniche per tempi cinici.