L’origine du monde, la recensione

Se per tutta la prima parte L’origine du monde riesce a mantenere un’equilibrio incredibile sul terreno scivoloso della surrealtà, alla fine Laurent Lafitte si fa travolgere dai suoi stessi eccessi.

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L’origine du monde, la recensione

La premessa con cui parte L’origine du monde è semplicemente geniale: un uomo convinto di stare vivendo una vita fatta di menzogne e insoddisfazioni (per un matrimonio ormai assuefatto dalla quotidianità, per la professione di avvocato che ormai svolge senza reale impegno) un giorno si accorge che il suo cuore ha smesso di battere. Ma, inspiegabilmente, è ancora a vivo. E cosa potrà mai riportare alla vita un uomo che di fatto non è ancora morto? Forse una semplice consapevolezza.

Tratto dall’omonima piéce teatrale di Sébastien Thiéry e scritto, diretto e interpretato da Laurent Lafitte (al suo esordio alla regia) L’origine du monde è in realtà un film molto più complesso di quanto non faccia intuire, che indaga con piglio esistenzialista la relazione degli individui col loro passato, specchio pericoloso di nevrosi e scottanti verità.

L’origine du monde inizia in modo estremamente brillante e sviluppa tra svolte surreali e scene esilaranti (ma mai demenziali) le sue conseguenze altrettanto matte. Recatosi con sua moglie (interpretata da Karin Viard) da una sorta di santona, Jean-Louis viene infatti informato che se vuole che il suo cuore torni a battere deve fotografare ciò che lo ha generato: la vagina di sua madre, ora ottantenne.

Per tutta la prima parte L’origine du monde riesce a mantenere un’equilibrio incredibile sopra un terreno scivolosissimo - quello appunto della surrealtà - unendo con precisione di toni e mano sicura il grottesco e il realistico. Combinando infatti l’assenza di musica, che crea subito uno straniante “effetto realtà” con l’assurdità degli eventi e delle reazioni dei personaggi, ripresi in lunghe scene di dialogo, Lafitte oltre che far ridere con pochi e semplici elementi riesce anche a farci trattenere il fiato.

Quanto, tuttavia, il fuoco di genialità iniziale si esaurisce e il film si intestardisce su un’unica strada - quella della ricerca disperata della foto - tralasciando infinite possibilità comiche e narrative (la relazione con la moglie e con l’amico, entrambi personaggi chiave), L’origine du monde di colpo perde anche tutta la sua magia. Non solo, infatti, le implicazioni comiche diventano più fiacche (battendo sempre sullo stesso punto) ma diventano così ossessive nei confronti della povera anziana da risultare ormai più aggressive e fastidiose che divertenti. 

Per quanto un ribaltamento successivo faccia poi riconsiderare tutto ciò che si è visto alla luce di una consapevolezza nuova e faccia effettivamente riflettere (anche con una certa finezza) sull’eredità psicologica, questo salvare i personaggi giustificandoli a scapito di un altro lascia comunque una certa amarezza in bocca. Sì, il grottesco gioca con gli eccessi, ma il problema finale di L’origine du monde è proprio questo: quando il gioco si fa duro non riesce più a capire da che parte spingere e dove, invece, fare un passo indietro.

Siete d’accordo con la nostra recensione di L'origine du monde? Scrivetelo nei commenti!

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