Lore (prima stagione): la recensione

Vampiri, lupi mannari e possessioni nella cultura popolare, la serie di Amazon intitolata Lore ne ricostruisce le origini

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Spoiler Alert
Lore è una miniserie antologica tratta da una serie di podcast e rilasciata con tutti gli episodi in contemporanea da un servizio streaming. Nel groviglio di sperimentazioni sul piccolo schermo, il fatto che questa particolare origine non sorprenda più di tanto vuole dire qualcosa, eppure è proprio sullo stile peculiare della narrazione che la serie di Amazon fa affidamento. Tratta da una serie di fortunati podcast narrati da Aaron Mahnke, la serie in sei episodi racconta le origini di alcuni miti dell'orrore come i vampiri, i licantropi, le bambole possedute. Una ricetta che avrebbe tutti gli ingredienti per funzionare, ma che infine risulta insapore.

L'impostazione degli episodi, ognuno slegato dagli altri, si appoggia fortemente al podcast da cui è tratta. La voce di Mahnke introduce il tema dell'episodio rievocando sensazioni familiari per quanti già conoscono il materiale originale e costruendo uno stile peculiare e riconoscibile che funziona anche tramite reiterazioni attese. Si tratta di una narrazione esterna che sovrasta in ogni momento la narrazione interna, e alla quale in ogni momento la serie dà l'impressione di riferirsi. La voce ritorna, spiega, puntualizza, interpreta, trae le conclusioni. Di fatto apparecchia la tavola, cucina e gusta un cibo che dovrebbe essere destinato ad altre bocche.

A questo legame fortissimo, quasi soffocante, con il materiale originale, la serie oppone quasi per necessità un drammatizzazione degli eventi, con alcune interpretazioni dei fatti narrati. C'è inoltre un utilizzo dell'animazione per le scene più complesse o evocative o che lavorano per schemi mentali. In questo piccolo spazio Lore costruisce le intuizioni migliori, come un lavoro particolare sulla fotografia nell'episodio in bianco e nero Echoes, che restituisce un mood d'epoca. Tuttavia è nell'amalgama forzata e stridente di tutti questi elementi – ognuno di per sé interessante – che la serie sviluppata tra gli altri da Gale Anne Hurd (The Walking Dead) rivela i suoi squilibri.

L'adattamento da un medium all'altro dovrebbe tener presente le specificità e le sensazioni evocate. Nel caso del podcast il fondale orrorifico di Lore si sposa bene con una narrazione asettica che lavora per suggestioni partorite alla mente stessa dell'ascoltatore, che crea i mostri con la propria mente e dà forza alla concatenazione di parole. Tutto ciò per ovvi motivi non esiste in una serie tv che offre fin troppi punti di vista sulle vicende storiche e umane che vuole raccontare. Al contrario, questa molteplicità di sguardi si riduce in un minore impatto per ognuno di essi, di fatto limitato dal flusso narrativo in cui è inserito.

La voce di Mahnke, con la sua cadenza artificiosa e romanzesca e gli imboccamenti continui dello spettatore, è fuoriluogo. Le drammatizzazioni sono coinvolgenti quanto potrebbero esserlo quelle di un programma divulgativo che si avvale di ricostruzioni d'epoca, quindi ben poco. La divulgazione stessa lavora più per accostamenti forzati e suggestioni che per il reale desiderio di informare, e forse è qui che Lore delude maggiormente. Nonostante la sua natura semidocumentaristica, Lore non ha il fascino della ricercatezza e della ricostruzione oggettiva, e in definitiva ne sapremo ben poco sulle origini folkloristiche degli eventi.

Anzi, a volte abbiamo la sensazione di un approccio rovesciato in cui l'effetto genera le cause, come quando nel primo episodio la collocazione del vampiro, a partire da un fatto di cronaca, viene spostata alla fine dell'800, quando le origini della creatura sono ben più antiche. Suggestionare, spaventare, informare: perseguire singolarmente questi obiettivi è possibile, ma farlo allo stesso tempo rischia, come in questo caso, di soffocare ogni elemento interessante in una messa in scena che tende al ribasso.

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