L'ora nera, la recensione
Tarato su standard tutti americani ma ambientato in Russia, il film che dovrebbe portare il punto di vista russo sulla fantascienza è in realtà un mal riuscito pastone...
Cambia la geografia del cinema, cambiano le alleanze, cambiano le trame. Solo 20 anni fa i russi erano ancora il nemico prediletto, la nemesi per eccellenza degli Stati Uniti (collettivisti, megalomani, freddi, spietati e incapaci di prendere la mira correttamente) mentre oggi, con la figura di Timur Bekmambetov a far da tramite, eroi a stelle e strisce si muovono a Mosca alleandosi con gente del luogo per fare quello che storicamente gli riesce meglio: cacciare gli alieni.
La prima delusione è la sceneggiatura di John Spaihts, scontata quando va bene, piena di buchi quando va male e, quant'è peggio, a tratti pronta a prestare il fianco ad umorismo involontario (cosa che non depone a favore del film cui ha lavorato successivamente, Prometheus, che fortunatamente è stato rimaneggiato da Damon Lindelof). La seconda è l'incapacità del film di mantenere la propria promessa, cioè raccontare la solita storia ma dal punto di vista russo, del resto cosa pretendi quando metti a dirigere uno scenografo? Di russo non c'è nulla se non le pallottole (come dice uno dei personaggi), tutta la struttura del racconto, la natura dell'eroe e i valori alla base sono sempre i soliti. L'ora nera è in tutto e per tutto un film americano, poco importa chi ci abbia messo i soldi.