L'Ora Legale, la recensione

La più dichiarata tra le professioni di odio e misantropia di Ficarra e Picone diventa L'Ora Legale, film di ottima scrittura ma pessima realizzazione

Critico e giornalista cinematografico


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Non ci sono dubbi che nel novero dei comici televisivi che si trastullano con film dall’incasso eccezionale, Ficarra e Picone costituiscano una piccola, moderata e circoscritta eccellenza.

I loro film, a partire da Nati Stanchi e fino a La Matassa sono stati scritti assieme a Francesco Bruni, cioè contaminati da qualcuno che è esterno al mondo del cinema-comico-televisivo, e solo da Andiamo A Quel Paese in poi, dal quarto film, sono diventati “scritti e diretti da”. In loro però la scrittura del contesto ha sempre un peso specifico consistente. Per quanto come in tutta la commedia portata dai comici si tratta di contesti tranquilli e quieti in cui raccontare una divertente individualità (per loro una paradossale “individualità di coppia”), il loro sovvertimento delle regole sociali ha una fermezza che manca agli altri e soprattutto, caso incredibile, non sfocia mai nel didascalico o nella soluzione pacifica ma rimane sospeso in una condanna eterna che si perpetua ben oltre la fine del film.

Là dove gli altri sono timorosi e coccolano, non vogliono turbare ma solo essere leggeri, Ficarra e Picone dimostrano un po’ di sano fastidio per il prossimo e la società

Quindi anche L’Ora Legale, la più dichiarata delle professioni di odio e di misantropia dei due, il film più sfiduciato e rassegnato che abbiano scritto, non costringe i protagonisti ad ergersi a piccoli eroi del bene, capaci infine di fare la cosa giusta, di capitolare le stranezze che hanno messo in moto la storia per chiudere in un alveo di rosea normalità, ma semmai afferma che la normalità è proprio quell’equilibrio comico che fa da spunto alla storia, il mondo all’incontrario che è la Sicilia (sineddoche estrema del paese). Là dove gli altri sono timorosi e coccolano, non vogliono turbare ma solo essere leggeri, Ficarra e Picone dimostrano un po’ di sano fastidio per il prossimo e la società.

Lo si vede bene da quanto insistano sulle gag, da come non mollino l’osso una volta agguantato. È vero per la trama di tutto il film, fondata su un’unica trovata (l’inciviltà è la regola di vita che ordina tutto) declinata in molte situazioni diverse di crescente paradosso, ma è anche vero per le singole scene. Là dove qualcun altro si sarebbe accontentato di fare ironia sul fatto che i parenti del sindaco non possono passare avanti alla fila per incontrarlo, Ficarra e Picone insistono, portano avanti quella gag, fanno arrivare altre persone, fanno mortificare gli uscieri e addirittura fanno arrabbiare quelli in fila “da stamattina alle 7!!” perché è una vergogna che i parenti del sindaco non possano passargli avanti. È in questo eccesso che i due trovano la loro comicità misantropa, nel desiderio di non fermarsi ma girare il coltello nella piaga e deridere non solo lo spunto ma proprio gli esseri umani, fino a che tutti i presenti non sono esposti per i mostri che sono.

Per tutta questa lunga serie di motivi, per lo spirito encomiabile e l’effettiva forza delle loro battute e delle trovate (impagabile lo slogan del candidato sindaco corrotto e al potere da decenni “Siamo tutti d’accordo”), è veramente frustrante che L’Ora Legale sia così mal diretto, così sciatto e malconcio in tutta la messa in scena. Non è questione di essere un film realizzato in modo elementare o (a volergli bene) semplice, o delle tante occasioni perse di fare una commedia che non lavori sempre e solo di scrittura ma possa godere di qualche scelta visiva, quanto proprio di alcuni passaggi dai tempi mortiferi o della recitazione massacrante di tutti quelli che non sono Ficarra e Picone, in un pendolo scoraggiante che va dal vacuo sguardo di Vincenzo Amato all’esagerata e stonata teatralità non tenuta a bada di Leo Gullotta, fin al semplicismo televisivo di Eleonora De Luca.

Com’è possibile che nessuno senta il bisogno di un regista di commedia vero? Qualcuno capace di trarre il massimo da un copione e non solo raccontarlo al pubblico? Perché Ficarra e Picone, con lo status che hanno guadagnato non pensano di potersi permettere il massimo sul mercato in termini di regia e invece pensano di potersi permettere di farla loro, nonostante siano così evidentemente privi delle idee e dell’atteggiamento necessario a tirare fuori il meglio da ognuno? Perché quest’ottimo copione e tutte queste idee devono diventare un film orrendo?

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