Looper, la recensione [2]

Avercene di fantascienza così. Sebbene non perfetto il nuovo film di Rian Johnson ne svela tutte le capacità e ci ricorda di colpo che senso abbia fare film ambientati nel futuro...

Critico e giornalista cinematografico


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Il più grande pregio di Looper è di saper mostrare di aver capito che senso abbia raccontare di fantascienza al cinema, perchè lo si faccia e dove risieda il senso di ambientare un storia nel futuro. Il suo peggior difetto è di avere due storie da raccontare pretendendo di farne un film solo.

Senza prendere in prestito (quasi!) nulla da nessuno Rian Johnson scrive una storia schietta e onesta, avendo cura di mettere a punto una visione di mondo futuro tanto disperata quanto probabile e trovando anche un ruolo inedito all'abusato meccanismo dei viaggi nel tempo.

La storia è quella di un assassino di un futuro prossimo, in cui la società è precipitata, la fame domina e la violenza anche. E come nei film di Verhoeven, si tratta di una violenza materiale, fatta di metallo e carne dilaniata che si sposa con l'abuso di droghe invasive (assunte tramite collirio come fossimo in una storia di Philip K. Dick). Gli assassini come lui lavorano per la mala, anzi per un distaccamento della mala di un futuro ancora più remoto (di 30 anni avanti) in cui sono possibili i viaggi nel tempo. La mala del futuro remoto manda la gente nel futuro prossimo (nel futuro remoto è impossibile sbarazzarsi dei corpi), dove i suddetti assassini fanno il lavoro da assassini (uccidere e far sparire). Questo fino a che la vittima che gli viene spedita non è il se stesso del futuro, fatto fuori il quale l'assassino è libero di godersi i soldi accumulati per 30 anni di baldoria, al termine dei quali verrà preso e spedito indietro per l'esecuzione. Inutile dire che quando tocca a Bruce Willis essere mandato indietro a morire non ci sta e da qui inizia tutto.

Quello che ci ha insegnato il 2012 al cinema è che un buono spunto non fa un film di fantascienza, e Looper oltre a quest'idea potente ha anche un'inedita concezione del tempo, immaginato più come un luogo che come lo scorrere degli anni. I corpi vengono mandati nel passato per nasconderli e la mala ha una sua sede nel passato nella quale manda dei luogotenenti, il passato è il rimosso, è il nuovo ghetto, la nuova Svizzera o il nuovo Bronx di un futuro che rimuove le asperità.

Inoltre Rian Johnson sa cosa vuole fare e questo non è un film dalle troppe aspirazioni, quanto un B-movie secco e rapido. Disprezza le spiegazioni cervellotiche, sa riderne, rinuncia alla precisione meticolosa da geek e punta alla suggestione, riuscendoci oltre ogni aspettativa. Peccato che, come annunciato all'inizio, a metà il film cambi e cerchi di imbastire un'altra storia ancora, anch'essa interessante ma inevitabilmente antipatica per come leva spazio alla prima.

Avercene di film come Looper, in cui il futuro non è il nostro presente con armi e macchine improbabili ma l'evoluzione della nostra società con (sostanzialmente) le armi e la macchine di oggi. Avercene di cineasti che vanno al cuore del racconto, che sanno rendere sincero la più banale delle motivazioni individuali (una donna) e cui basta un accenno per aprire universi di significati.

Looper sarà anche imperfetto, ma oggi abbiamo scoperto un autore.

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