Looking 2x02, "Looking for Results": la recensione
Il secondo episodio di Looking tratta, sotto l'abituale patina faceta, temi ben più profondi e importanti di quelli accennati nella prima puntata
La prima scena del secondo episodio, Looking for results, non stupisce poi molto: Patrick (Jonathan Groff) e Kevin (Russell Tovey) sono a letto insieme, nudi, a testimoniare come la loro tresca clandestina sia andata avanti nonostante i dubbi del primo nei confronti di una storia segreta basata su presupposti traballanti. Il dialogo tra i due verte su ricordi d'infanzia di Kevin, che confessa di aver avuto una cotta per un amico di suo padre quando era bambino e di aver ballato di fronte a lui, sotto gli occhi imbarazzati del genitore. Così, tra una rievocazione di un ammiccante video dei Take That e un gioco di carte inglese chiamato Top Trumps, attraverso un'ellissi, i due si ritrovano sul tram diretti al lavoro, in una complicità che viene spezzata solo quando, poco prima di entrare in sede, Patrick confessa all'amante di aver parlato della loro relazione con gli amici Dom (Murray Bartlett) e Agustìn (Frankie J. Álvarez). La notizia lascia l'uomo inizialmente spiazzato, e alla sua frase "Pensano che sia uno str*nzo, vero?", un virtuale applauso è probabilmente esploso nelle menti di buona parte degli spettatori, testimoni impotenti di questa storia d'amore (sempre che d'amore si tratti) fastidiosamente sbilanciata.
Basta già questo primo segmento a convalidare il talento sceneggiatoriale di Michael Lannan e compagnia. In uno scambio di battute apparentemente leggero e scherzoso, ecco infatti inseriti due temi principali di questa puntata: la colpa e la vergogna. Vanno di pari passo, ma dovendo eleggerne dei paladini, potremmo dire che Patrick è il rappresentante della prima e Kevin lo è della seconda. Il proseguio dell'episodio conferma questo schema, con Patrick che, dopo aver chiesto scusa per aver spifferato ai suoi amici la "tresca" con Kevin, si trova a fronteggiare lo spettro dell'AIDS - o meglio, delle proprie ipocondriache paranoie sull'AIDS, che simboleggiano la dissolutezza cui il giovane sente di aver ceduto intraprendendo una relazione clandestina col capo. Il senso di colpa grava su di lui e lo annebbia, spingendolo a fare un test di controllo e regalandoci così una tra le migliori scene che la serie HBO ci abbia dato finora: il suo dialogo con l'addetto al prelievo ha il sapore agrodolce di una confessione laica che elemosina assoluzione, che giunge nella forma più universale: "Tutti commettiamo degli errori."
Non è ghettizzante partigianato, ma commossa e intima comunanza di sentimento di un popolo di cui tanti di noi fanno parte, direttamente o meno. Lannan è riuscito a raccontarla con parole di tutti i giorni, con la semplicità di dialoghi asciutti aiutati, come sempre, da un comparto attoriale eccellente. Incrociamo le dita: se il resto della stagione si atterrà alla lezione di Looking for results, c'è di che ben sperare.