Longlegs, la recensione: un incubo religioso con un grande Nicolas Cage
Horror così strampalato da essere irresistibile, con un Nicolas Cage “glam monster” da urlo
Lo abbiamo visto in quasi 100 film in tutte le fogge e personalità, dal criminale dal cuore d'oro di Arizona Junior (1987) allo scrittore aspirante suicida di Via da Las Vegas (1995). Ma Nicolas Cage aveva ancora un altro personaggio per stupirci: Longlegs, costruttore di bambole con molta cipria in viso e una conclamata passione per alcuni eroi del glam rock come il Lou Reed dell'album Transformer (1972) e Marco Bolan dei T-Rex. Soprattutto il secondo. Possiede le loro foto appese e ha un piano ventennale che ha a che fare con l'Apocalisse di Giovanni anche detto Il Libro della Rivelazione.
Siamo in un nevoso e quasi disabitato Oregon. Per quanto riguarda la regia, invece, domina un senso geometrico e tanta camera fissa a inquadrare gelidamente stradine, condomini, villette a schiera e interni borghesi dove improvvisamente può scatenarsi l'inferno. Ennesima prova che con l'horror, ormai, si può fare di tutto come parlare di traumi familiari riunendo un cast chic composto da Maika Monroe, Alicia Witt (scoperta da Lynch da bambina), Blair Underwood e appunto il già citato Cage.