Londra 2014 - Wild, la recensione

Con Wild, Jean-Marc Vallée conferma l' interesse per le grandi parabole umane e cuce su una grandiosa Reese Witherspoon un affascinante ritratto femminile

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Nel 1995, la ventisettenne Cheryl Strayed intraprese un viaggio che l'avrebbe dovuta condurre dal deserto del Mojave fino al confine tra U.S.A. e Canada. Dal suo memoriale, pubblicato nel 2012, il canadese Jean-Marc Vallée ha tratto il suo ultimo film, Wild, presentato al Festival di Londra per la gioia di tutti gli amanti dei grandi paesaggi americani. Sorge spontanea la domanda: non ne avevamo già abbastanza di viaggi epici, di scontri uomo-natura al limite della sopravvivenza?

Forse sì, ma vale la pena citare Borges, che asseriva con dogmatica certezza: “Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane, continueremo a narrarle, trasformarle.” Superata questa prima, legittima - ma non troppo - perplessità, le due ore scarse di Wild assicurano allo spettatore il miglior sviluppo possibile della trita e ritrita parabola umana del viandante alla ricerca di sé stesso. La regia di Vallée aderisce alla sceneggiatura di Nick Hornby, concentrandosi su Cheryl (Reese Witherspoon) e non cedendo mai il passo alla tentazione del mero compiacimento estetico, come gli sconfinati scenari degli States potrebbero suggerire. Wild è la storia di un'anima, e ogni metro di terra, di roccia o di torrente inquadrato viene filtrato dall'esperienza diretta della protagonista, e su di lei imprime la sua decisa impronta, sia essa fisica o spirituale. Più scarno e crudo rispetto al lirismo furbetto del pregevole Into the wild, il film di Vallée fiorisce grazie a una narrazione lineare che non è mai schiava delle proprie regole, alternando con sensibilità il viaggio di Cheryl con sprazzi analettici che ne rievocano il tormentato passato - reso ancor più vivido dall'ottima performance di Laura Dern nel ruolo della madre, Bobbi. In quest'ottica, lo spettatore cammina al fianco della protagonista e compie, assieme a lei, la graduale scoperta del suo ego nascosto, della sua vera essenza.

A scanso di equivoci, va detto che Wild non è quello che si definirebbe un film coraggioso: si attiene infatti ai canoni del racconto di viaggio, riuscendo a fonderlo con il dramma biografico di una donna che non riesce a perdonarsi. Siamo sugli stessi binari geografici di Into the wild, ma le tematiche e le riflessioni suggeriscono somiglianze ben più evidenti col recente Tracks, dove una stravolta Mia Wasikowska attraversava il deserto australiano alla ricerca di redenzione personale. Lo stesso fa Cheryl, intraprendendo un percorso che è agli antipodi di quello di Christopher McCandless, in fuga dalla società ma fiducioso e ottimista. L'(anti)eroina di Vallée è invece circospetta, a tratti sfiduciata e sopraffatta da un mondo che, in tutto e per tutto, sembra volerla sommergere: in questo, i suggestivi ma ostili paesaggi degli Stati Uniti diventano specchio delle passate vicissitudini di Cheryl, del dolore che l'ha aggredita sin dall'infanzia, senza che vi fosse stata preparata. Meraviglia bambinesca e cinismo si danno la mano nell'interpretazione di Reese Witherspoon (qui anche in veste di produttrice), che offre la summa delle sue capacità metamorfiche nell'affrontare un personaggio dall'adolescenza fino all'età adulta, mostrandone le contraddizioni con una verosimiglianza che supera i confini della messinscena e diventa verità. L'immersione dell'ex fidanzatina d'America in un ruolo non privo di zone d'ombra conferma il talento di Vallée nel ritrarre personaggi travagliati e emotivamente policromi, a maturare un interesse già palesato con Dallas Buyers Club.

Si perdona volentieri a Wild qualche scivolone nel miele - la scena più patetica coinvolge un lama e un bambino che intona Red River Valley, alla vigilia di un catartico pianto della nostra Cheryl. In fondo, è pur sempre una storia sentimentale, e se l'intento era quello di emozionare e avvicinare il pubblico alla protagonista a prescindere dal suo discutibile percorso biografico, Vallée ha centrato il bersaglio con rara precisione, superando i precedenti da cui muove i suoi passi con parecchi punti di scarto. Non resta che aspettare il prossimo passaggio di testimone, per assistere a una nuova trasformazione di una storia antica come il mondo, vera come la natura.

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