Londra 2014 - The Drop, la recensione

Grazie a solide interpretazioni e una regia ricca di idee, The Drop di Michaël R. Roskam - presentato al Festival di Londra - centra il bersaglio

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Brooklyn, un bar, piccola criminalità, una ragazza in pericolo. E un delizioso cucciolo di pitbull. Questi gli ingredienti di The Drop, thriller drammatico firmato dal belga Michaël R. Roskam, già noto per Bullhead (candidato all'Oscar come miglior film straniero nel 2012). La parabola arrugginita del giovane Bob (Tom Hardy) e di suo cugino Marv (James Gandolfini), gestori di un bar colluso con la malavita locale, è tratta dal racconto Animal Rescue di Dennis Lehane (autore anche di La morte non dimentica e L'isola della paura, da cui sono stati tratti Mystic River e Shutter Island). L'origine letteraria del film è suggerita da un incipit in voice over, ma riesce a non pesare sul racconto, reso agile da un montaggio fresco e ritmato e da una regia che, benché discreta e al servizio della sceneggiatura, si concede soluzioni creative brillanti e personalissime.

Lo stile asciutto di Roksam si riflette nell' interpretazione di Tom Hardy, a tratti goffo e sperduto come il cucciolo di pitbull che salva da un cassonetto, a tratti freddo e inquietante come la pioggia e le nubi che adombrano Brooklyn senza soluzione di continuità nel corso del film. Il talento di Hardy non ha, da un bel pezzo, più bisogno di conferme; ma fa piacere ammirare l'ennesima tessera di un mosaico interpretativo che, anche in prodotti non sempre eccellenti, vanta una varietà eccezionale e un'immutata efficacia. A smentire il noto detto "ciò che si guadagna in estensione si perde in profondità".

Gli fanno ottima compagnia la bella e brava Noomi Rapace, che conferisce al ruolo della giovane Nadia una dolcezza sobria e dolente, e Matthias Schoenaerts, inquietante nemesi della donna e persecutore di Bob. Ottima prova del compianto James Gandolfini, che alterna con sapienza malinconia e durezza, costruendo un personaggio che è al contempo padre putativo e nemesi del protagonista. La chimica del cast fa da collante tra passaggi narrativi già di per sé ben congegnati, a formare un ingranaggio agile e coinvolgente.

Erede ideale dell'acclamata lezione impartita da Nicolas Winding Refn con Drive, The Drop sfrutta i cliché del thriller come paletti entro i quali muoversi con assoluta libertà, riuscendo in tal modo a schivarne le insidie più facili. Se si dovesse rimproverare qualcosa al film di Roksam, si potrebbe puntare il dito contro una visione dei "veri" cattivi figlia di mille altre rappresentazioni già viste. Ma è un peccato minore, che incide in misura impercettibile sulla complessiva riuscita del prodotto finale; forse il difetto balza all'occhio proprio in virtù della sensibile stratificazione psicologica dei personaggi principali, a partire da Bob. Il protagonista di Roksam non è un eroe, ma neppure un antieroe; cammina sul filo del rasoio, danza sul confine tra le possibili definizioni, sfuggendo alle etichette e fungendo da traino per l'attenzione emotiva del pubblico.

E anche se qualcuno potrebbe storcere il naso su un finale che si allontana con decisione dal fatalismo nudo e crudo che contraddistingue il resto del film, The Drop porta a casa il risultato e spiana a Roksam la strada per futuri successi.

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