London Calling, la recensione

Abbiamo recensito per voi London Calling, graphic novel di Andrea Barattin pubblicata da Kleiner Flug

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Il disagio dell’attuale generazione di trentenni è sempre più evidente e profondo, figlio di una crisi economica e sociale che per la prima volta nella storia ha reso la condizione dei figli più precaria di quella dei propri padri. Un disagio che ha spinto non pochi giovani a intraprendere un’avventura all’estero alla ricerca di quella tanto agognata indipendenza dai propri genitori, una realizzazione professionale che vada a premiare gli sforzi profusi tra scuola, università e tirocini vari. Tra le diverse destinazioni possibili quella che esercita il fascino maggiore è senza dubbio Londra, con la sua aria cosmopolita, crocevia delle più disparate culture, culla della stragrande maggioranza dei movimenti artistici degli ultimi decenni. E a questo richiamo non resiste Tommaso, uno dei protagonisti di questa graphic novel, spinto anche dal fatto che così facendo potrà imparare l’inglese (“che ormai si parla in tutto il mondo”) e soprattutto “vedere come si vive nella più grande metropoli europea”, che tra l’altro fa più abitanti di New York.

In questo viaggio, però, non sarà solo: lo accompagna la sua fidanzata Andrea, fumettista, che lo seguirà un po’ controvoglia. I due partiranno per cercare di costruire un futuro insieme, perché in fondo Londra offre tante opportunità e, come successo a un amico di un nostro amico, da lavapiatti potremmo diventare financo manager di un ristorante. Andrea, in realtà, è l’alter ego fumettistico dell’autrice, Andrea Barattin, di questo London Calling, edito dalla casa editrice fiorentina Kleiner Flug, che può essere visto come un vero e proprio manuale di sopravvivenza per tutti i giovani italiani che decidono di intraprendere un percorso di vita e lavorativo, o semplicemente viaggiare, nella capitale della terra di Albione. E sono tante le difficoltà da affrontare, molteplici i tabù da sfatare una volta sbarcati all’aeroporto di London Stansted.

Nelle 86 pagine dense di parole, aneddoti, situazioni paradossali ed esilaranti, la narrazione è condotta in prima persona dalla Barattin ed è suddivisa in capitoli, ognuno dei quali tratta le diverse fasi del viaggio: dalla preparazione della valigia, all’arrivo, alla ricerca della casa e di un lavoro passando per le accortezze da seguire quando si cammina per le strade della città. L’intento è volutamente didascalico sebbene le tragicomiche esperienze vissute dalla coppia nascondano sotto un primo livello di lettura l’essenza di queste pagine: la necessità di raccontare per tramandare, per aiutare altri giovani avventori, la volontà di raccontare per cristallizzare emozioni, segmenti di vita vissuta, di realtà quotidiana. Un’usanza, questa, particolarmente in voga in questo ultimo periodo che colloca London Calling in quel nuovo filone di opere autoriali che partendo da Boulet, passa per i vari Paco Roca (Memorie di un uomo in pigiama), Bastien Vivès (L’importanza di chiamarlo fumetto), Alberto Madrigal (Un lavoro vero) e arriva al nosto Zerocalcare (in particolare la sua attività sul blog). Una finestra sulle piccole disavventure che caratterizzano la vita dell’autrice come quella di tutti noi, in grado di creare un’immediata empatia con il lettore che si troverà a rivivere (in questo caso, per chi è già stato a Londra) le stesse vicende, gli stessi siparietti di Andrea e Tommaso o incontrare personaggi come Marco o “il tizio sconosciuto che si attacca e non vi molla più”.

Nel suo complesso la lettura scorre piacevole e fluida, in una continua alternanza di vignette e testi che oltre a ottenere l’effetto sperato (la risata) potranno tornarvi davvero utili qualora decideste di intraprendere davvero quest’avventura. Ed è proprio l’ironia l’arma forte di questo romanzo a fumetti, più in generale di questa generazione. La capacità di non lasciarsi andare alla disperazione, la volontà di reagire a una situazione ormai statica e cristallizzata in cui tutto cambia per rimanere uguale a se stesso. In una nazione vecchia e sbiadita in cui da troppi decenni non si parla di rivoluzione e cambiamento, l’ironia diventa lo strumento giusto per scardinare la noia, per raccontare un momento tanto difficile quanto cruciale come quello dell’andare oltremanica. L’autoironia con la quale la Barattin tratteggia questo romanzo è, dunque, uno strumento per esorcizzare quella paura che accompagna gli attimi prima della partenza, l’ansia per non essere all’altezza della sfida che li aspetta, la frustrazione per un eventuale fallimento. L’autrice invita a non prenderci troppo sul serio, a essere sempre pronti a tutto, anche ad accettare una sconfitta per poi ripartire.

Anche la componente grafica risente di questa scelta stilistica dell’autrice: le figure sono volutamente caricaturali, le colorazioni pastello conferiscono un’aura quasi incantata, infantile nell’approccio alla rappresentazione. L’immagine della City per luoghi comuni, il ricorso a figure iconiche per dare un volto e una consistenza fisica a stereotipi ampliano ulteriormente il distacco dalla dura e cruda realtà, permettendo quell’esercizio di dissimulazione che la Barattin persegue. Ogni tavola ha una costruzione libera, priva di schemi o griglie che vadano a bloccare lo storytelling. Le vignette si susseguono in maniera vivace e leggera anche quando vengono riempite di testo. Un plauso particolare va al lavoro compiuto in fase di produzione del volume alla casa editrice che ha scelto un volume di grande formato e con carta di ottima qualità.

In conclusione, London Calling è una lettura piacevole e fortemente consigliata, sia per chi è intenzionato a partire sia per chi non lo è, ma soprattutto rappresenta una prova matura e convincente di una giovane autrice italiana che, come tutti noi, ha deciso di non mollare e di continuare a perseguire il suo sogno. Ovunque esso sia.

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