Loki, la recensione

La storia più bella e tormentata sul dio degli inganni: un viaggio nella sua mente e una lotta contro il destino in Loki, il capolavoro di Rodi e Ribic

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La comparsa di questa miniserie nel 2004 fu, se il dio degli inganni ci perdonerà il paragone “tonante”, un fulmine a ciel sereno nel panorama fumettistico del momento. Non solo era interamente dedicata a un villain, ma si proponeva di narrare la storia (anzi, di rinarrare l’intero status quo di cinquanta e oltre anni di ambientazione) dal punto di vista del villain in questione e di offrirne un punto di vista con cui solidalizzare.

Addentrandosi nella lettura, altri stereotipi tipici delle storie di quel genere venivano rapidamente sovvertiti. Per prima cosa, la storia non narrava l’attuazione dell’ennesimo piano del cattivo di turno per conquistare il potere: anzi, quello era il prologo. Si presupponeva che il piano in questione fosse già stato messo in atto... e avesse funzionato! Quindi il presupposto da cui parte la serie non è riconducibile tanto al filone delle solite “botte da orbi” tra supereroi (o tra divinità) bensì a quello “attento a quel che desideri, perché potresti ottenerlo”, e di fatto questo è il tema portante lungo cui si snoda la storia, vale a dire mettere Loki, il dio degli inganni perennemente destinato alla sconfitta, all’ostracismo e alla beffa, di fronte a tutti i suoi desideri improvvisamente soddisfatti... e quindi, inevitabilmente, di fronte a se stesso.

Ne consegue, altra caratteristica a dir poco anomala, che la serie si sviluppa principalmente tramite dialoghi, monologhi, incontri e scene d’introspezione: cosa che, in altre situazioni analoghe, avrebbe indotto il lettore a crollare di sonno dopo le prime dieci pagine, e che invece in questo caso riesce ad affascinare e ad attirare come una calamita nelle spire del dilemma filosofico ed esistenziale di Loki.

Ed è a metà strada che ci si rende conto dell’unicità della storia in sé: affrontando finalmente nemici, rivali e familiari del passato da una posizione di potere e di predominio, si scoprono tutte le dimensioni che fanno di Loki il personaggio complesso e intrigante che in passato era stato suggerito e intuito, ma mai esplicitamente dichiarato: a un primo strato, il “pesce fuor d’acqua” che ha ricevuto come doti l’ingegno, la magia e l’astuzia in un mondo che premia invece la forza, la potenza fisica e la brutalità; a uno strato più profondo, un personaggio “moderno” che si pone interrogativi sul libero arbitrio, sul destino, sulla possibilità di opporsi ad esso e di costruirsi un futuro alternativo libero; e a un livello più profondo ancora, una “metastoria” in cui il personaggio si rende conto di essere un personaggio e, nella sua genialità o nella sua follia, ambirebbe a interferire e ad alterare i meccanismi narrativi che lo legano a quel ruolo, e di diventare “autore” delle proprie vicende.

Sono molte altre le sorprese in positivo che la serie ha in serbo nella sua breve durata: memorabili sono le tavole, quasi affrescate, di Esad Ribic, ormai diventato una celebrità nel mondo di Thor e del fumetto Marvel in generale, ma che offriva in questa miniserie uno dei suoi primi lavori più accattivanti e sconvolgenti, ambientando le vicende del Reame Dorato in scenari che richiamano da vicino i dipinti di Frazetta e le atmosfere hyboriane del mondo di Conan.

Trova la sua incarnazione migliore anche la componente shakespeariana, chiamata spesso in causa per definire il mondo e le storie di Thor,ma che in questa occasione si esplicita al meglio, mettendo i protagonisti faccia a faccia l’uno con l’altro in una vicenda dove le questioni di potere e di conquista si intrecciano inesorabilmente a conflitti e tormenti familiari e personali, e dove monologhi e dialoghi potrebbero tranquillamente essere rappresentati su un palcoscenico.

E nel momento in cui si affronta la lettura di Loki come una “rappresentazione teatrale”, si scopre anche che, come tutte le grandi storie, non tutto è spiegabile o riconducibile a un unico significato o interpretazione, ma ognuno può dare la sua chiave di lettura agli eventi rappresentati, che filano alla perfezione come ingranaggi di un unico meccanismo a prescindere dal significato finale: dove comincia e dove finisce il gioco che Loki ingaggia con “Hela” per autoconvincersi a prendere una decisione? Ed è vero che l’ingannatore riesce a ingannare tutti tranne se stesso, come recita una delle battute finali della storia, o è vero proprio il contrario e cioè il dramma di Loki sta nel fatto proprio di riuscire a ingannare anche se stesso, convincendosi di poter spezzare il ciclo che lo condanna a interpretare sempre lo stesso ruolo? E la scena finale è da interpretarsi come ipotetico e impietoso atto finale della rivalità millenaria tra i due fratelli che si chiuderà con un colpo omicida, o semplicemente come l’eterno ripetersi di un ciclo che ricomincerà immutato?

Perfino le immagini si prestano a molteplici interpretazioni: il Loki della storia, raffigurato come vecchio, sdentato e contorto, è ben diverso da quello forse meno prestante fisicamente, ma comunque affascinante e suadente, a cui ci ha abituato l’Universo Marvel mainstream, al punto che, come qualcuno ha teorizzato, quella potrebbe essere semplicemente la “visione” inadeguata e inferiore che Loki ha di se stesso in confronto al resto delle divinità, e che tutta la vicenda non sia altro che un “what if” ambientato nella sua mente.

Ogni lettore troverà la sua chiave di interpretazione una volta confrontatosi con l’opera, ma il semplice fatto che questo sia non solo possibile, ma addirittura incoraggiato, è indice della validità della storia.

Concludiamo tirando in ballo un altro gigante del fantasy, J. R. R. Tolkien, che in uno dei suoi molti scritti affermava che una delle cose che più lo crucciava era il fatto che l’epoca moderna fosse totalmente priva di miti e leggende. Tristemente vero forse, ma di fronte a un’interpretazione e un recupero del mito norreno che concilia così bene le figure del passato e i dilemmi del presente, verrebbe da dire che con questa storia Rodi e Ribic, una scintilla di mitologia moderna l’hanno sicuramente riaccesa.

P.S: Due o tre curiosità aggiuntive in calce alla storia in questione.

  • Il volume di Rodi e Ribic è stato consegnato esplicitamente a Tom Hiddleston come “testo di studio” per l’interpretazione cinematografica di Loki, ed è generalmente considerato la storia più influente nella caratterizzazione della versione cinematografica del personaggio.

  • In tempi più recenti il volume è stato ristampato con il titolo Thor and Loki: Blood Brothers, probabilmente nel tentativo di ricondurlo sotto l’egida delle produzioni correlate al rilancio della serie in occasione delle produzioni cinematografiche, ma sia per ragioni affettive che tematiche, essendo la storia una lunga monografia sull’Ingannatore, in ambito fumettistico resta nota con il semplice titolo Loki che accompagnò la sua prima edizione.

  • La storia è stata realizzata anche in versione “fumetto animato” dalla Marvel per la linea Marvel Knights, di cui potete visualizzare di seguito il trailer.

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