Lo chiamavano Jeeg Robot, la recensione del fumetto

Esce in allegato con La Gazzetta dello Sport un albo a fumetti su Lo chiamavano Jeeg Robot, il film di Gabriele Mainetti in arrivo nei cinema...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Manca una settimana all'uscita nei cinema italiani di Lo chiamavano Jeeg, il film diretto da Gabriele Mainetti che alle proiezioni in anteprima dello scorso autunno ha raccolto pareri entusiasti. La trama racconta la nascita di un "supereroe de borgata" e contiene un accorato omaggio a Jeeg Robot, perciò ha facilmente attratto l'attenzione degli appassionati di fumetti che possono ritrovarci situazioni e tematiche a loro familiari. Uno dei più accorati sostenitori di quest'opera sul web è stato Roberto Recchioni, che oltre a promuoverla attraverso i social ha scritto una breve storia a fumetti, proposta in allegato alla Gazzetta dello Sport a pochi giorni dell'arrivo del film nelle sale.

L'iniziativa vuole senza dubbio offrire un prodotto collegato al lungometraggio cinematografico, che possa eventualmente spingere qualche potenziale spettatore a vedere Lo chiamavano Jeeg sul grande schermo. Molto probabilmente in questi mesi avete già visto foto di scena e trailer, letto articoli e interviste a riguardo, e siete già stati convinti a dare una possibilità a questo film. Se così fosse, permetteteci un consiglio bizzarro: non leggete questo fumetto. Non ora.

In cima alla pagina con l'editoriale che introduce alla lettura, campeggia lo strillo "Non ci sono spoiler", ma inevitabilmente qualche anticipazione ci sarà. Nessun colpo di scena fondamentale viene svelato su queste pagine, ma qualche elemento presente nel fumetto durante la visione del film potrebbe farvi intuire anzitempo alcuni sviluppi o lo status quo che si raggiunge alla fine della pellicola. Ed è bizzarro perché l'unica incongruenza tra fumetto e film sembra essere volutamente un modo per non anticipare la scena finale, mantenendo questo precario equilibrio tra prodotto rivolto a chi non ha ancora visto il film e a chi invece l'ha già amato.

Lo chiamavano Jeeg è un film speciale, un prodotto di alta qualità nel panorama cinematografico italiano, ve ne parleremo anche su BadComics.it nei prossimi giorni. Probabilmente usciti dalla sala avrete voglia di altre avventure di Enzo Ceccotti, e questo albo potrà saziare quell'appetito, riportando in strada il personaggio per una breve scazzottata e qualche momento da supereroe metropolitano. Considerando che manca una settimana all'arrivo del lungometraggio sul grande schermo, probabilmente potete conservare il fumetto e assaporarlo al momento debito, anche perché nella trentina di pagine in cui si snocciola la fugace vicenda non c'è modo di presentare a dovere i personaggi, ed è molto difficile che riusciate a provare empatia per il protagonista o detestare la sua nemesi. Discorso completamente diverso dopo la visione del film.

Se invece non avete mai sentito parlare di Lo chiamavano Jeeg, o non siete convinti possa interessarvi, questa storia breve può darvi un assaggio dell'approccio unico con il quale Mainetti ha dato vita a questo supereroe di periferia. Purtroppo le tavole di Giorgio Pontrelli appaiono spoglie nelle ambientazioni e con un taglio poco cinematografico, una caratteristica su cui si sarebbe potuto puntare di più, considerando l'origine del prodotto. Discorso differente per le 4 copertine di Recchioni, Giacomo Bevilacqua, Leonardo Ortolani e Zerocalcare, evocative e in grado di catturare alla perfezione lo spirito del film, ulteriore dimostrazione di come la pellicola sia stata in grado di affascinare gli artisti della Nona Arte.

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