Little Voice (prima stagione): la recensione
Little Voice racconta una storia che si muove tra sogno e dramma, e che celebra la musica in ogni istante
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C'è una piacevole tenerezza nel racconto di Little Voice. Quella delicatezza che mescola sogno e dramma, e che è tipica delle storie in cui c'è qualcuno che insegue una carriera musicale. La serie di Apple Tv+ si muove allora tra argini ben definiti, seguendo un percorso narrativo che è comunque accogliente per lo spettatore anche nei suoi momenti più drammatici. Probabilmente in certe svolte risulta troppo calcolato, e il rischio di un racconto già visto c'è, ma questo "piccolo" – di nome e di fatto – progetto si riscatta grazie ad alcuni momenti davvero azzeccati, ad un calore umano sincero di fondo, e ad un'ottima protagonista.
La cantautrice Sara Bareilles ha lavorato attivamente sullo sviluppo della serie tv, partecipando come produttrice, sceneggiatrice e autrice delle canzoni cantate dalla protagonista. Non a caso, Little Voice è anche il titolo di uno dei suoi album (sarebbe comunque sbagliato vedere nella giovane Bess una proiezione della vita di Sara Bareilles). Come Mozart in the Jungle, ma senza quella esuberante leggerezza di fondo, Little Voice respira musica. Nel senso che la controvoce musicata della sceneggiatura è la spina dorsale di una storia che vi si appoggia continuamente, che vi ritorna continuamente.
Ogni trauma e ogni svolta drammatica (c'è anche una storia di abbandono e una sull'identità sessuale) è applicata forse con metodica precisione nell'intreccio, e il rischio di artificiosità c'è. Eppure Little Voice viaggia su binari leggeri, non sprofonda mai nel dolore retorico, e quando rischia di farlo c'è sempre la musica a risollevarlo.
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