Little Children
Una madre di famiglia, insoddisfatta del suo matrimonio, inizia una relazione con un uomo sposato che cambierà la sua vita. Totale insuccesso di pubblico in patria, è uno dei migliori film americani dell’anno, con un cast ottimo, che include anche la meravigliosa Kate Winslet…
Un film con un regista che dimostra di essere sempre più bravo, dopo un esordio acclamatissimo e di grande successo. Un cast notevole e soprattutto sfruttato benissimo. Una storia sorprendente in più punti, ma senza eccessi. C’è veramente da preoccuparsi se una pellicola del genere non viene vista praticamente da nessuno negli Stati Uniti, nonostante riceva critiche per lo più entusiaste. E c’è soprattutto da incazzarsi con la New Line, che, forse troppo occupata dall’affare The Hobbit e dalla polemica con Peter Jackson, ha fatto un lavoro pessimo per promuovere questo titolo (quanto si rimpiangono i Weinstein che hanno portato al successo In the Bedroom, film sicuramente interessante, ma meno valido di questo).
Intanto, Todd Field non solo conferma quello che di buono aveva mostrato all’esordio, ma dimostra di essere salito di livello. Qui c’è un controllo e una consapevolezza dei propri mezzi notevolissima. E se è vero che in alcuni casi la regia si mette un po’ eccessivamente in mostra (penso ad uno split screen troppo insistito), sono diverse le scene da antologia. Penso alla cena, che in due minuti rivela tutto quello che c’è da sapere sui personaggi (l’inquadratura di Kate Winslet insieme a Jennifer Connelly, quest’ultima fuori fuoco, è fantastica). O anche a come un acquisto, fatto apparentemente per una ragione, in realtà ne nasconda un’altra.
La storia poi è scritta benissimo (non avendo letto il romanzo di Tom Perrotta, coautore anche della sceneggiatura, non saprei dire quanto c’è di originale in questo adattamento). La descrizione di un’America suburbana è magnifica, con una galleria di personaggi che non rientrano mai in categorie specifiche di buoni o cattivi. Il tutto condito da un’ironia sottile (ma spesso devastante) e da svolte sorprendenti, ma quasi mai eccessive (a parte un evento luttuoso, francamente telefonato), come un finale di rara intelligenza ed efficacia. Magari, sarebbe stato preferibile limitare l'utilizzo della voce fuori campo, che in alcune occasioni è decisamente ridondante.
Kate Winslet merita sicuramente tutti gli apprezzamenti ricevuti, per come riesce a dare vita ad un personaggio apparentemente stereotipato e banale. Ma anche tutti gli altri sono bravissimi. Detto che i bambini non sono mai invasivi e non distolgono l’attenzione dai protagonisti (pericolo decisamente concreto in un prodotto del genere), è difficile non rimanere colpiti da Jennifer Connelly e dal modo in cui riesce a far emergere un personaggio che rimane pochissimo in scena. E che dire del grande ritorno di Jackie Earle Haley (ex star da adolescente, non faceva film da quasi 15 anni), nei panni di un maniaco sessuale descritto benissimo (più un malato che un criminale, ma senza renderlo per questo una vittima). Ancora meglio va con Phyllis Somerville, che interpreta sua madre, e che dà vita ad una donna forte e sensibile, come raramente si è visto sullo schermo.
Se poi Field riesce anche a tirar fuori una grande performance dai cinque minuti in cui Jane Adams (vista in pellicole come Happiness e Eternal Sunshine of the Spotless Mind) è in scena, nulla da dire, chapeau.
In condizioni normali, una pellicola del genere dovrebbe tirar fuori almeno 6-7 nomination agli Oscar (film, regia, sceneggiatura, montaggio, Winslet, Haley e Somerville), ma visto come è andata al botteghino si tratta di un risultato pressoché impossibile. Speriamo che la New Line riesca almeno a fare un buon lavoro di promozione con i giurati e rilanciare il film. Altrimenti, speriamo che Field continui a lavorare da un’altra parte…