Little America (prima stagione): la recensione
Little America costruisce un delicato racconto dell'umano a partire da singole, piccole vicende reali di immigrati
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Qualunque forma di discriminazione passa dalla spersonalizzazione dell'altro, dalla sua riduzione ad un'unità generica di una categoria a caso. Viceversa, raccontare l'individuo significa inevitabilmente empatizzare con la sua storia, il suo percorso, le sue necessità. Little America fa questo: costruisce un racconto dell'umano a partire da singole, piccole vicende reali, romanzate il giusto. Tende all'universale perché elabora temi e conflitti che sono parte dell'esperienza umana condivisa, ma li narra in chiave intima e calorosa, con una sincerità di fondo che spesso scalda il cuore. Otto piccole perle, alcune più preziose di altre, che costituiscono la prima stagione della nuova serie Apple TV+.
Sono vicende di affermazione personale contro forme di pregiudizio non sterili o vaghe, ma sempre interiorizzate e profonde. Sarebbe stato forse facilmente gratificante cedere al racconto di un generico razzismo e di mentalità ristrette, ma qui Little America attua quel rovesciamento di prospettiva che si diceva all'inizio. Lascia fuori lo sguardo del mondo e la pura narrazione di concetto, e racconta semplicemente l'uomo o la donna. Ogni volta che introduce una vicenda, pone domande banali, ma irrinunciabili: chi è questa persona? Da dove viene? Perché è qui? Cosa vuole ottenere? Cosa la ostacola?
Sono storie semplici, in cui la veridicità della scrittura non permette sempre risoluzioni attese o una fluida scrittura in tre atti. Eppure l'umanità arriva sempre, nel doppio significato del termine. Lo show, basato su storie apparse su un magazine, vede tra i produttori esecutivi Kumail Nanjiani, Lee Eisenberg e Alan Yang. Proprio di quest'ultimo vale la pena ricordare il lavoro compiuto con Master of None insieme ad Aziz Ansari: serie carica di umanità e riconoscibilità che contiene al suo interno, tra le altre cose, una vicenda di integrazione su un immigrato di seconda generazione.