L’Ispettore Buddha, la recensione
Abbiamo recensito per voi L'Ispettore Buddha, secondo Nirvana Leaks di Emiliano Pagani e Daniele Caluri
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Dovevano essere una manciata gli spin-off di Nirvana, ma questo secondo volume, dedicato a L’Ispettore Buddha e uscito lo scorso maggio, sarà probabilmente anche l’ultimo della collana Nirvana Leaks di Panini Comics.
Com’era già accaduto con Slobo & Golem, anche per quest'altro riuscito comprimario della storia incentrata su Ramiro Tango ci viene dischiuso uno squarcio del suo vissuto, precedente agli eventi narrati nella serie originale conclusasi con il quattordicesimo albo. Veniamo a conoscenza del passato dell’ispettore, quando era un infiltrato della polizia sotto copertura con il nome di Comante: un evidente richiamo al film Chi trova un amico trova un tesoro (1981), di Sergio Corbucci, e all’appellativo con cui viene chiamato nella pellicola il co-protagonista impersonato da Bud Spencer.
La sceneggiatura di Pagani è agile e briosa, sorretta dal segno inconfondibile di Caluri e dalla sua capacità unica di recitazione. Tutte le quarantasei tavole che costituiscono il volume, arricchite dalle chine di un artista del valore di Bruno Cannucciari, sono una gioia per gli occhi.
Non era facile ritrovare quell’equilibrio e quella varietà di toni e argomenti mostrata in Slobo & Golem: nel secondo Nirvana Leaks i due autori toscani realizzano un intreccio articolato e divertente, forse ancor più ricco d’azione e di ritmo, ma non altrettanto caustico. Ci sono le battute e le gag sferzanti e irreverenti, così come non mancano le citazioni più variegate. Il protagonista arriva a confrontare la propria forza con campioni del calibro di Iron Fist, Hulk e Ken il Guerriero, giungendo addirittura a cimentarsi con le schiere angeliche e perfino con Dio.
C’è innanzitutto la denuncia diretta e chiara contro lo Stato e contro la politica adottata nei confronti della lotta alla mafia, sfociata nel miserabile patto delle nostre istituzioni con l’organizzazione criminale. È a tale fatto va probabilmente imputata l’attenuata mordacia narrativa che ci ha colpito nel precedente episodio. Una palese amarezza sembra aver sostituito il sarcasmo feroce del primo racconto, anche nei cosiddetti "extri", gli spassosi pseudo-redazionali che sono sempre stati un elemento imprescindibile di Nirvana.
Un altro motivo può essere dettato dalla positività del protagonista che - seppur a suo modo - è pur sempre un difensore della Giustizia, a differenza dei due sicari alle dipendenze di Occhionero Ronson. I Paguri danno sempre il meglio quando i loro soggetti principali sono figure totalmente negative, come il celeberrimo Don Zauker.
Si aggiunga l’esplicita simpatia da essi mai nascosta nei confronti di Bud Spencer per spiegare in sintesi un prodotto meno arrabbiato e più critico, adatto a una platea molto vasta, come lo sono i successi dell’indimenticabile Bulldozer.