L'innocent, la recensione | Cannes 75

L’innocent si gode per singole scene e trovate, che nella maggior parte dipendono dall’intenzione comica degli attori o da certe dinamiche e/o dialoghi. Oltre a questo però, il film si fa ricordare ben poco.

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La recensione di L’innocent, presentato a Cannes 75

Dopo i due graziosi capitoli comico-sentimentali (Due amici, L’uomo fedele) e la gemma ecologista La crociata, Louis Garrel continua deciso con L’innocent nel suo percorso di film a corto raggio: si tratta di film brevi - o brevissimi - ristretti anche per ambizioni narrative, in cui Garrel veste i panni del suo alter ego Abel, un romantico perso che finisce invischiato in triangoli amorosi e disavventure per le strade di Parigi.

L’innocent è in un certo senso ancora questo Garrel: c’è la trama amorosa, la commedia e anche un’autoironia molto più marcata del solito per come rappresenta sé stesso - sempre spietato verso il suo essere un uomo, ridicolizzato nelle sue smanie di protagonismo. E c’è ancora, insieme a tutto questo, l’ammiccamento meta-cinematografico della doppia finzione, che trova nel fare recitare ai personaggi una finzione ulteriore (in Due amici facevano le comparse, qui hanno bisogno di fingere per fare un colpo). Eppure in L’innocent per il fatto di mischiare lo stesso spirito della sua filmografia precedente con i ritmi e lo stile di un film di genere, cioè l’heist movie (il film di rapina), Garrel si ritrova in un limbo più disequilibrato, divertente ma più goffo nella regia, innamorato dei suoi personaggi ma molto meno osservatore del solito, finendo per fare ancora un “piccolo film carino” ma niente di più.

Il film parte proprio con una scena recitata da un personaggio dentro un carcere che sta provando uno spettacolo: si tratta di Michel (Roschdy Zem), un carcerato che sta per finire di scontare la pena e che a breve sposerà Sylvie (Anouk Grinberg), la madre di Abel. Sospettoso di quel legame e restìo a dare fiducia a Michel, Abel fa di tutto per far cambiare idea alla madre e, accompagnato dalla migliore amica Clémence (Noémie Merlant), mettere fine al loro rapporto. Le cose andranno ovviamente in tutt’altro senso, e invischiato con Michel e Clémence in un’ultima truffa “a fin di bene”, Abel imparerà a lasciarsi andare e riaprire il suo cuore alla possibilità dell’amore.

Le strade di Lione sostituiscono quelle parigine: stavolta la città non è però protagonista, non serve a creare l’immaginario romantico. I luoghi qui sono infatti pochi e ripetuti, iper-riconoscibili come vuole il genere (il carcere, l’acquario…) e i personaggi si spostano tra l’uno e l’altro affannosamente. In questo via vai continuo Garrel trova anche un buon ritmo, ma quando si tratta di darsi all’azione è evidente che non si tratti proprio di qualcosa con cui è a suo agio.

L’innocent si gode invece per singole scene, singole trovate, che nella maggior parte dipendono dall’intenzione comica degli attori o da certe dinamiche e/o dialoghi. Oltre a questo però, il film si fa ricordare ben poco.

Siete d’accordo con la nostra recensione di L'innocent? Scrivetelo nei commenti!

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