L'Inganno Perfetto, la recensione | TFF2019
Nonostante un finale che rovina il gioco a tutti, L'Inganno Perfetto sa costruire un buon thriller per quasi tutta la sua durata nascondendo un'ottima scrittura dietro i suoi carismatici attori
L'INGANNO PERFETTO, DI BILL CONDON: LA RECENSIONE
C’è una scrittura (tratta dall'omonimo romanzo di Searle) che fa un inusuale lavoro di nascondino dietro agli attori a sorreggere il buon ritmo che sospinge L'Inganno Perfetto almeno per tre quarti della sua durata. La storia di inganno e truffa, un thriller con modi raffinati e tempi anziani che tuttavia riesce a non mollare mai la presa (come certi anziani quando hanno deciso che ti parleranno e non te ne potrai andare), è misurata e molto asciutta nella narrazione ma non vuole il proscenio, si nasconde dietro le interpretazioni dei suoi attori carismatici, amati e capaci di attirare l’attenzione come pochi altri: Helen Mirren pecorella e Ian McKellen lupo. La prima cerca un’anima gemella sui siti di dating, il secondo si presenta in tweed, trench e coppola con modi affettati e stile britannico impeccabile (fin dai termini che utilizza). La prima è piena di soldi il secondo ha un piano preciso per conquistare prima lei e poi il capitale.
Di quel titolo di Atom Egoyan, in cui un grande Martin Landau pilotava a distanza la missione di vendetta di Christopher Plummer, questo eredita l’improvviso ampliarsi all’indietro, verso il passato. Il grande ieri di chi è anziano diventa il bacino della vendetta.
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