L'Incredibile Vita di Norman, la recensione

Richard Gere trova in L'Incredibile Vita di Norman il film meno prevedibile e uno dei ruoli migliori dell'ultima parte della sua carriera

Critico e giornalista cinematografico


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Norman non è diverso dal Danny Rose di Broadway Danny Rose di Woody Allen, un personaggio tipico della tradizione ebraica, destinato a tribolare per gli altri in cerca di una propria pace. Norman aggiusta le situazioni, millanta conoscenza, si infila alle cene e fa favori in giro per poterne poi chiedere altri in futuro e con quelli sistemare situazioni di nuovo. È un traffichino sempre attaccato al cellulare (rigorosamente con auricolare) che un giorno punta sul cavallo giusto, un parlamentare israeliano a cui fa un grosso favore e che di lì a qualche anno diventa primo ministro. A quel punto la vita di Norman cambia (ma in fondo nemmeno troppo), ha un momento di vero trionfo in cui tutti i veri potenti che gli sbattevano la porta in faccia sono costretti ad omaggiarlo. Eppure quella è la stessa amicizia che causerà guai sempre più grossi.

Richard Gere nella sua ricerca di ruoli diversi in film piccoli, di una legittimazione attoriale che i suoi coetanei dalla medesima fama non tengono ad avere, ha incontrato Joseph Cedar (sempre tramite Oren Moverman, il nome dietro i suoi ultimi film) e finalmente un gran buon film. L’Incredibile Vita di Norman è un thriller senza omicidi, un film di suspense senza killer, in cui la tensione sta tutta nella condizione in cui vive Norman, l’essere percepito come uno scocciatore ma animato dal desiderio profondo di essere accettato nel giro che conta, vivere al limite in un mondo di lobby, politica e potere che non è mai davvero suo.
Con il suo buon cuore che nasconde il desiderio di avere qualcosa per sé, Norman è un personaggio anche più complesso di ciò che il film può esplorare, è un travet per scelta, un uomo che ha scelto di farse collettore dei problemi altrui per trovare un perché.

Questo il film riesce a portarlo in evidenza con una certa pietà che fa buona coppia con il sottofondo religioso. Tutta la storia di Norman gira infatti intorno al suo essere ebreo ed appartenere alla comunità ebraica tra New York e Israele. Non c’è propriamente Dio nella sua vita, nelle sue azioni o nei suoi discorsi, eppure la maniera in cui Cedar mette in scena le sue cadute e i suoi trionfi trasuda fede in un ordine più grande.
Per Norman Gere è andato in deroga a quelli che sembravano dei piccoli clichè della sua carriera e ha trovato, in un film piccolo che avrà prevedibilmente una vita marginale, un personaggio che avrebbe potuto definirlo a lungo.

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