Limitless 1x01, "Pilot": la recensione

Sequel dell'omonimo film, arriva sulla CBS l'atteso Limitless: la recensione del pilot con Bradley Cooper

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
La strana idea per cui l'essere umano utilizzerebbe solo il 10% – o il 20 secondo la versione del film – del suo cervello è una bufala, una credenza senza alcun fondamento che però si è diffusa ed è generalmente presa per buona dalle persone.

A rilanciarla, certo senza troppa serietà, nel 2011 ci aveva pensato il regista Neil Burger con il suo Limitless, film allucinato e adrenalinico in cui Bradley Cooper interpretava uno scrittore fallito che si trovava tra le mani la pillola della felicità e dell'intelligenza. La NZT sbloccava tutte le sue facoltà mentali latenti, gli permetteva l'accesso a ricordi ormai dimenticati, lo dotava di capacità straordinarie rendendolo un supergenio. Naturalmente tutto ciò che sale deve prima o poi scendere, e presto il protagonista si trovava a dover pagare un conto salato. Un film coinvolgente, con un gran ritmo e alcune belle trovate. Era da qui che partiva Maccio Capatonda con quel capolavoro dell'assurdo che era Italiano Medio, prima falso trailer e poi film. E infine è su questa base che Luc Besson lo scorso anno ha diretto il suo dimenticabile e un po' ridicolo Lucy.

Bradley Cooper torna a quella storia, nelle vesti di produttore esecutivo e di attore – ma la sua partecipazione è molto limitata, praticamente occasionale – per raccontarne il seguito. Un pilot che è un sequel, ma che per certi versi è anche un remake, che omaggia continuamente il lungometraggio ricalcandone precisamente varie tappe, che varia quel tanto che basta da costruirsi una base per un proseguimento da procedurale. Protagonista è Brian Finch (Jake McDorman), musicista fallito che acquisisce delle capacità straordinarie in seguito all'assunzione dell'NZT. Anche in questo caso entra in contatto con la droga quasi per caso, tramite una vecchia conoscenza che gliela offre, anche in questo caso l'amico in questione farà una brutta fine e il protagonista si troverà bloccato tra effetti da astinenza e un assassino in cerca della droga.

Qui tutto, nonostante omicidi, sparatorie e inseguimenti, è meno incisivo

Marc Webb dirige un pilot su sceneggiatura di Craig Sweeny, ma i margini di manovra sono molto ristretti. Le migliori intuizioni, come quella di cominciare con il personaggio ad un passo dalla morte, e la sua voce narrante che ci spiega come si è arrivati a quel punto, sono riprese direttamente dal film. Per il resto l'originalità manca. Non il ritmo, che si mantiene veloce e scattante – dieci minuti e siamo già nel vivo della storia – e che ha un ulteriore salto di livello nel momento in cui la presenza inquietante del senatore Eddie Morra (Bradley Cooper appunto) si manifesta sullo schermo. Ma è solo una breve sequenza, che ci richiama alla mente quanto avvenuto di recente con Bryan Cranston nel pilot di Sneaky Pete.

Nel film la storia aveva un impianto più solido, e soprattutto veniva compensata da una continua sfida del protagonista a se stesso, sempre sul limite, sempre pronto a cadere, proprio per questo meritevole di farcela alla fine. Qui tutto, nonostante omicidi, sparatorie e inseguimenti, è meno incisivo. Gli eventi si incastrano perfettamente, un déjà-vu dopo l'altro, una coincidenza dopo l'altra. Interessante la variazione dovuta all'inserimento di Jennifer Carpenter nel ruolo dell'agente dell'FBI Rebecca Harris, ma è un po' poco, anche considerato che con molta probabilità tutta questa cornice e tutti i riferimenti al film potrebbero essere inseriti in una più facile, ma anche meno stimolante, storia da procedurale.

Continua a leggere su BadTaste