Like a Dragon: Yakuza (stagione 1), la recensione: una pallida imitazione della serie videoludica
Like a Dragon: Yazuka è, purtroppo, una delusione sia per i fan della serie videoludica che per coloro che non l'hanno mai sentita nominare
Qual è la cifra stilistica più importante di Yakuza, celebre serie di videogiochi nata nel 2005 e sviluppata da SEGA? Una domanda all’apparenza complessa, ma che in realtà ha una risposta ben precisa. Yakuza è una saga che ha come caratteristica fondamentale quella di mescolare storie altamente drammatiche con situazioni comiche al limite del nonsense. Il tutto mentre il giocatore può esplorare diverse aree della città, tra un combattimento corpo a corpo e una miriade di strampalati (e divertenti) minigiochi. Si tratta di un mood unico che, nel tempo, ha conquistato una fetta sempre maggiore di giocatori, permettendo alla serie di evolvere e di diventare una sorta di cult tra gli amanti della cultura nipponica.
Negli scorsi giorni abbiamo finalmente potuto guardare i primi tre episodi (di sei) di Like a Dragon: Yakuza. Peccato, però, che il risultato sia stato estremamente sorprendente, ma non in senso positivo.
Una questione di mood
La storia di Like a Dragon: Yakuza pesca da quanto i videogiocatori hanno provato sulla propria pelle con il primo capitolo e Yakuza 0. Bastano pochi minuti, però, per vedere subito che c’è qualcosa di strano. La trama si apre nel 1995, con un gruppo di quattro amici intenti a fare una rapina alla persona sbagliata. Le conseguenze di questo gesto li porteranno a prendere delle strade inaspettate legate alla famiglia criminale Dojima. Dieci anni dopo troviamo i vari personaggi agli opposti della catena alimentare. Da un lato Kazuma Kiryu è appena stato rilasciato di prigione. Dall’altro Akira Nishikiyama è ora a capo di una famiglia mafiosa. Nel bel mezzo di queste dinamiche relazionali qualcosa di strano sta accadendo in città, portando morte e caos tra gli abitanti di Kamurochō.
Un inizio non certo brillante
I primi tre episodi di Like a Dragon: Yakuza sono la rappresentazione di cosa non funziona nelle trasposizioni videoludiche. Questo non solo perché è chiara una mancata comprensione del materiale originale, ma perché quanto di nuovo introdotto non funziona per nulla. Il cast di attori è spesso svogliato e incapace di portare in scena i drammi dei personaggi. Drammi che difficilmente faranno presa sullo spettatore, che si ritroverà a subire passivamente l’evolversi degli eventi. A esacerbare il tutto ci pensa una regia monotona e una messa in scena poco accattivante, in grado di rendere fittizia la maggior parte delle scene. Persino i combattimenti corpo a corpo non brillano, trasmettendo una sensazione che abbiamo riscontrato soprattutto nei B-Movie d’azione americani. Il discutibile doppiaggio italiano è solo la ciliegina su una torta dal sapore stanco e stantio.
Sia chiaro: gli ultimi tre episodi potrebbero ribaltare la situazione, ma per ora Like a Dragon: Yakuza è un prodotto difficilmente difendibile. Poco interessante per i neofiti e a tratti imbarazzante per i fan della serie, la nuova fatica di Sean Crouch e Yugo Nakamura è un’occasione sprecata. Un’occasione sprecata per dare ulteriore lustro a una saga videoludica memorabile e dal grande carisma, che qui si trova privata dei suoi principali punti di forza.
Ritmo e struttura
Se i primi tre episodi di Like a Dragon: Yakuza non ci hanno entusiasmato a causa di una messa in scena poco credibile, di un montaggio confusionario e di un’incapacità generale nel replicare le atmosfere del videogioco, le ultime tre puntate non riescono a rivoluzionare la nostra opinione. È innegabile, però, che il ritmo generale della produzione trovi nella seconda metà della stagione una sua ragione di esistere. I vari flashback, ora molto più dosati e meno invadenti, conducono lo spettatore a un paio di colpi di scena interessanti e ben gestiti. Questi momenti riescono inoltre a caratterizzare maggiormente i personaggi, donando loro una psicologia che a tratti ha saputo persino sorprenderci.
Sia chiaro: non stiamo parlando di una rivoluzione nella scrittura. I vari protagonisti si comportano e parlano ancora in modo bizzarro, rendendo la narrazione artificiosa e poco credibile. L’aggiunta di momenti drammatici trattati in modo volutamente esagerato crea un ulteriore scollamento tra opera e spettatore, che difficilmente si troverà a empatizzare con Kazuma Kiryu, con Akira Nishikiyama o con gli altri personaggi di Like a Dragon: Yakuza. Mano a mano che si procede attraverso i vari episodi, inoltre, è sempre più esplicita l’intenzione degli autori di non voler percorrere la medesima strada del videogioco. Un sorta di presa di posizione che non comprendiamo e che evidentemente ha contribuito alla maggior parte dei problemi dello show. Una scelta che, alla fine, impatta non solo sul racconto, ma anche sull’intero mood del progetto e sul rapporto con il pubblico.
Un progetto senza amore
Ma qual è il publico di Like a Dragon: Yakuza? Se amate la saga videoludica, l’opera di Sean Crouch e di Yugo Nakamura vi farà probabilmente innervosire. Se non conoscete la saga di SEGA (scusate il gioco di parole), difficilmente sarete attratti dal racconto o dall’idea di testare pad alla mano il franchise. Insomma: lo show disponibile su Amazon Prime Video non ha un vero e proprio pubblico di riferimento e questo è il problema più grande. Certo: gli amanti delle serie TV drammatiche orientali e dei gangster movie potranno trovare qualche elemento sparso qua e là in grado di attirare la loro attenzione, ma la semplicità del racconto mescolata alla complessità della messa in scena rendono lo show un pastiche di elementi incapace di lasciare il segno.
Like a Dragon: Yakuza è quindi un prodotto totalmente da buttare? La risposta è semplice: no. Qualche buona idea c’è e sotto la superficie è possibile intravederne il potenziale. Al momento, però, questo non basta per rendere la serie sufficiente o per spingerci a consigliarvene la visione. Non in un anno dove tra gli altri serial televisivi tratti dai videogiochi troviamo opere come Fallout, Arcane o Tomb Raider: The Legend of Lara Croft.