Life Zero 2 - 3, la recensione
Abbiamo recensito per voi il secondo e il terzo numero della miniserie Life Zero, opera di Stefano Vietti e Marco Checchetto edita da Panini Comics
Nella "puntata precedente", utilizzando un lessico proprio delle serie TV non a caso, siamo stati catapultati nel cuore di New Easton, fittizia metropoli (dallo stile classicamente nordamericano) nella quale un'improvvisa epidemia scatenata da una misteriosa nube ha trasformato la quasi totalità degli abitanti in esseri che appaiono molto simili a coloro che grazie alla narrativa e al cinema abbiamo imparato a chiamare "zombie", non morti che camminano affamati di carne umana. Protagonista della storia è Derek Shako, soldato addestrato dalla volontà forte e dalla morale pressoché assente, che i suoi compagni di squadra, dall'indole altrettanto discutibile, hanno fatto evadere dal carcere nel quale il loro ex comandante era detenuto. Il perché ci è stato presto svelato: nel gruppo c'è anche Laura, ex moglie di Derek, la quale ha subito condiviso la sua disperazione causata dal fatto che la piccola figlia della coppia, Anna, è dispersa in città mentre l'apocalisse zombie infuria. Missione apparentemente prioritaria della squadra è quindi quella di salvare la bambina, cercando anche una possibile soluzione alla suddetta epidemia, ammesso che esista. Nel sorprendente finale del primo episodio, inoltre, abbiamo scoperto come Shako sia letteralmente disposto a tutto per portare a termine la missione...
Quello su cui vale decisamente la pena concentrarci è però il grande lavoro compiuto da questo team creativo, composto da alcuni degli autori migliori nel panorama locale, e, oramai, non solo. Il soggetto che Vietti e Checchetto hanno saputo plasmare assieme, apportando ciascuno il proprio decisivo contributo, è qualcosa di potente e originale. I due creatori, amici nella vita, hanno creato l'universo narrativo di Life Zero quasi per gioco, gioco che si è poi trasformato in qualcosa di ben più solido ed entusiasmante. Nella creazione dei personaggi, della storia della quale fanno parte e persino della location entro la quale si muovono (per non parlare dell'armamentario, degli indumenti "tattici", dei mezzi di trasporto, ecc.) i due autori hanno messo in un unico calderone tutto ciò che di meglio fa parte del loro background, dalla narrativa, sia in prosa che a fumetti, al cinema, sino ai videogame. Life Zero è sostanzialmente un mash-up di tutto quello che è stato in grado di emozionare Vietti e Checchetto, riuscendo a scalfire la loro mente: in questa storia ritroviamo elementi della cinematografia di John Carpenter, così come di videogame come Resident Evil, ma anche Metal Gear Solid, sino ai più moderni "sparatutto" come Call of Duty (bellissima trovata quando la narrazione passa da una visione "dall'alto" a quella in "POV", ossia in prima persona), il tutto rimescolato con saggezza e rielaborato con ordine. Life Zero non è un insieme di pezzi copia carbone presi da altre fonti, alle quali come tutte le storie si ispira, e poi incollati, ma una fusione di stili, generi, medium davvero molto riuscita.
Ultimo ma non ultimo, a rendere notevole ogni vignetta di questa miniserie ci hanno pensato i colori di Andres Mossa, uno dei coloristi più validi in circolazione, il cui talento è oramai apprezzato ben oltre i nostri confini. Le consapevoli scelte cromatiche di Mossa, che variano da colori freddi a tonalità più calde con estrema precisione, infondono vera e propria vita nelle pagine di Life Zero, accrescendo enormemente il tono emotivo della storia. Il duo Checchetto-Mossa è oramai una sicurezza, come alla Marvel si sono ben accorti, e sicuramente le matite del primo sono esaltate dai colori del secondo, e viceversa.
In conclusione, Life Zero è una storia amara, cattiva, senza eroi, ma con protagoniste delle vere "brutte persone", è una delle proposte più interessanti che il fumetto italiano ci ha presentato negli ultimi anni, così come è sicuramente un esempio valido di come una storia d'azione andrebbe realizzata, con ritmo, concisione, senza perdersi in inutili fronzoli e "buonismi", ma raccontando gli eventi in maniera coerente, lineare, con un preciso inizio, un'appagante finale, e in mezzo "scatenate l'inferno". Il finale, peraltro, per quanto tutt'altro che lieto, è sostanzialmente aperto, e siamo sicuri che gli autori prima o poi vorranno tornare a farsi un giro a New Easton, portandoci con loro.