Life without principle - la recensione

[Venezia 2011] Una commedia divertente e atipica dal più grande regista di polizieschi di Hong Kong, una variazione nemmeno troppo forte dal suo solito stile...

Critico e giornalista cinematografico


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Anche quando gira una commedia Johnnie To ci tiene a dipingere un mondo in cui sono le scelte che facciamo a determinare le persone che siamo.

In Life without principle le vite di tre personaggi ruotano intorno ad una somma di denaro prelevata da una banca nel giorno del crollo delle borse occidentali per la crisi in Grecia, ognuno dovrà fare delle scelte che metteranno in crisi la sua onestà.

Non c'è bisogno di sparare colpi di pistola per essere buoni gangster, buoni poliziotti o buoni consulenti di una banca, ma 5 milioni di dollari possono aiutare a superare un momento difficile anche per la Triade. Con un umorismo che non è frequente nei film del regista di Hong Kong ma che è da subito travolgente, Life without principle mette in ballo valori piccoli e temi piccoli (almeno rispetto ai grandi ideali che solitamente dominano i personaggi di Johnnie To) per raccontare incertezze e piccole titubanze di uomini minuscoli in un periodo di crisi.

E' commovente vedere come questo regista concepisca i suoi soliti spazi urbani non solamente in chiave noir o poliziesca ma come un universo complesso, in grado di farsi portatore di storie e racconti universali, di tutti i toni e i generi.

Come sempre i gangster non sono peggiori dei poliziotti e il loro lavoro non è diverso da quello dei bancari, nè richiede meno onestà. Stavolta Johnnie To però fa un passo indietro, rinuncia ad ogni sottolineatura e gira in maniera invisibile un film contemporaneamente diverso ed uguale al suo solito. Una piacevole discontinuità.

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