Liberami, la recensione
In un luogo e un tempo che paiono lontani ma sono il meridione di oggi, Liberami racconta gli esorcismi di oggi riuscendo a suggerire cosa nascondano
Liberami è un documentario di una bellezza ed un’umanità encomiabili, un prodotto pienamente italiano in cui l’ironia e l’umorismo portano uno strato in più di complessità e non solo l’alleggerimento di situazioni limite. Nel meridione di provincia l’esorcismo sembra una pratica all’ordine del giorno e i posseduti paiono vivere tutti nei dintorni dei luoghi in cui è ambientato il documentario. Ogni cosa diventa possessione nelle stanze o nelle grotte di quei preti, un figlio scapestrato, una moglie repressa, problemi coniugali o di lavoro, tutto diventa urla, grida, strepiti, insulti e bava alla bocca che il prete esorcizza con formula, acque sante e tutto il corollario noto ma tra una pastarella e l’altra, tra un errore di italiano, una parola di dialetto e un formalismo meridionale e l’altro.
Questo documentario bello e divertente è una cattedrale votata alla scoperta della complessità dell’umiliazione. Non è il mistero della fede o quello ultraterreno ad interessare davvero la regista, è il mistero dell’arretratezza culturale e dell’incredibile contrasto, che esiste ancora in molti luoghi, tra il mondo moderno che circonda queste persone e i costumi medievali che trovano sempre nuovi modi per integrarsi nella modernità.
Non possono portare la cintura di castità queste donne ma non cambia molto. Non sono bruciate sul rogo ma comunque incolpate. E alla fine, anche nel grande congresso di esorcisti (non il luogo più moderno del mondo), il prete di caverna che facilmente potrebbe essere definito “cavernicolo” appare proprio come una mosca bianca, l’ambasciatore di un altro tempo.