Liberaci dal Male - la recensione

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Tratto da una storia vera, il terzo film diretto da Scott Derrickson ci porta in una New York buia e malata dove un poliziotto segnato da una grande colpa dovrà affrontare il Male con la M maiuscola. E' arrivato l'horror di fine estate 2014 che molti aspettavano. In attesa di vederlo alle prese con il Doctor Strange della Marvel, Derrickson prova a mischiare ancora una volta le carte del mazzo della paura cinematografica.

Conosciamo ed apprezziamo l'approccio revisionista all'horror di Scott Derrickson. Prima ha gettato l'esorcismo dentro le aule di tribunale per uno dei film più interessanti del nuovo millennio (a prescindere dal genere) come L'esorcismo di Emily Rose e poi ha preso il sottogenere, tornato molto di moda grazie a James Wan, della casa infestata per declinarlo in chiave ancora più moderna e sarcastica con l'interessante Sinister, dove Ethan Hawke era un noto scrittore di true-crime venutosi a trovare davanti a un true-boogeyman dal look simile a un componente dei Kiss.

Mali Primari e Mali Secondari come dice l'atletico gesuita dell'ultima fatica di Derrickson. Quelli secondari sono ladri, assassini, finanche serial-killer come il John Doe di Seven. Quelli primari sono mostri con un loro corpo o demoni che prendono possesso dei corpi altrui. Come il boogeyman di Sinister, il Pazuzu de L'esorcista o il Jungler di Liberaci dal male.

Con la sua terza regia Derrickson ha voluto combinare il poliziesco metropolitano apocalittico alla Seven di Fincher (piove sempre, torce, oscurità, tossicodipendenza, corpi lividi con vene varicose in evidenza) con il capostipite del sottogenere della possessione, e ancora oggi capolavoro non raggiunto della categoria, L'esorcista di Friedkin.

Un film del 1995 mischiato a uno del 1973.

L'idea non è male ed è tratta da una storia che ha basi nella realtà visto che la pellicola è ispirata a un libro del 2001 intitolato Beware the Night di Ralph Sarchie e Lisa Collier Cool. Sarchie è il poliziotto di origini italiane protagonista del film interpretato da un sempre credibile Eric Bana. Incontrerà un gesuita ex tossicodipendente che fa le flessioni, beve, fuma e guarda il sedere delle cameriere interpretato dal monoespressivo e col capello lungo sempre troppo lavato Édgar Ramírez.

Insieme dovranno fronteggiare antipatiche possessioni nella New York sporca e cattiva del Bronx (un'idea del Bronx molto anni '70-'80) inseguendo un imbianchino ex reduce della Guerra in Iraq che forse si è portato dentro di sé un “qualcosa” di assai cattivo dall'ultima gita militare in Medio Oriente.

Prima parte buona e molto belle le scene in uno zoo dove la possessione diabolica entra in contatto con il mondo degli animali. C'è una grande trovata registica: lo zoo dopo la chiusura fa paura e la macchina da presa si diverte ad enfatizzare questa nuova dimensione in cui l'uomo, al buio, sembra non poter controllare più la bestia. Echi da Il bacio della pantera di Paul Schrader in queste bellissime sequenze.
Poi il film via, via crolla perché troppo pesante è il riferimento a Seven (nel look della pellicola e nel personaggio del poliziotto di Bana) e troppo stupido si fa il tono, anche per via di un utilizzo ridicolo della discografia dei Doors di Jim Morrison.

Peccato. Perché Derrickson è un bravo e raffinato autore horror e perché la scelta di Sean Harris per interpretare il corpo posseduto è segno che il ragazzo ha cultura e classe nella fondamentale disciplina del casting.
Harris è geniale nell'incarnare il perturbante.

Dai tempi del suo Ian Curtis per il Winterbottom di 24 Hour Party People (2002) al mostro del tostissimo Creep (2004) di Christopher Smith. C'è un'inquadratura dal basso verso l'alto del suo soldato che strabuzza gli occhi in Iraq... che quasi quasi fa tutto il film. Quest'attore sa farci male veramente. Il film di Derrickson... un po' meno.

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