Libera Uscita - la recensione
I Fratelli Farrelly tornano in forma smagliante con una commedia adulta ricca di umorismo folle e considerazioni non banali su vita di coppia e la guerra tra i sessi...
Bobby Farrelly è sposato dal 1990. Il fratello Peter dal 1996.
Per gli standard hollywoodiani, i due fratelli registi di Tutti pazzi per Mary (1998) sono più fedeli di quanto lo sia il cane Hachikō con Richard Gere nell'omonimo film di Lasse Hallström (2009). Forse è per questo motivo che, stimolati dal soggetto di Pete Jones, hanno affrontato la sceneggiatura della loro nuova commedia Libera uscita con una marcia in più rispetto alle due ultime affaticate fatiche, e anche remake, Lo spaccacuori (2007) e L'amore in gioco (2005). Sono stati quattro anni a riflettere su cosa era andato storto in quei due film. Ora rieccoli qua.
Rick è un agente immobiliare con taglio di capelli mestissimo (ricorda il Simon Pegg di Paul), camice a mezza manica e tre figli. E' il nostro protagonista. E' un bravissimo Owen Wilson finalmente liberato dal ruolo del carismatico seduttore, qui fantastico perché perbene (anche il pubblico femminile perdonerà le sue pulsioni), minimale (chiude spesso il botta e risposta con un'espressione) e credibile. L'amicone Fred è un agente delle assicurazioni, è convinto di aver inventato una tecnica per mangiare con gli occhi le altre donne all'insaputa della moglie (sarà vero?) e la sera si masturba in macchina ascoltando vecchie canzoni in memoria di quando, da giovane, in macchina faceva l'amore non solo con se stesso. E' l'eccellente Jason Sudeikis, praticamente il fratello gemello, con meno efelidi, del mitico Michael McKean degli Spinal Tap. E' bello rivedere questo tipo di faccia nella commedia hollywoodiana, soprattutto se sei vecchio come il sottoscritto. E' la spalla del protagonista, per cui può essere più irresponsabile, più immorale, più macchietta.
Una settimana di libera uscita per i quarantenni Rick e Fred: una settimana da leoni? Magari. E qui comincia, dopo il primo atto di esasperazione delle mogli che le porta all'ordine perentorio, il secondo atto in cui l'uomo liberato parte in branco, al ralenti come Le iene di Tarantino, verso la Frontiera della Conquista Sessuale. Rick e Fred, infatti, hanno chiamato a raccolta gli amiconi (tra cui uno stralunato Stephen Merchant), perché l'unione fa la forza. Le mogli, che si chiamano Maggie e Grace (Jenna Fischer e Christina Applegate: deliziose), vanno subito a rimorchiarsi una squadra di imberbi giocatori di baseball come niente fosse. La settimana di Rick e Fred, invece, si rivela da incubo, scandita da didascalie con angosciante tema musicale preso da Law & Order (Giorno 1, Giorno 2, etc...).
Per quanto riguarda il proverbiale cattivo gusto dei fratelloni Farrelly, qui ci sono due incisive full frontal nudity maschili e c'è un po' di diarrea con effetto istantaneo di calo del desiderio maschile. Rispetto alla loro filmografia, qui regna il bon ton. Punti forti dei registi: l'attore feticcio Richard Jenkins nei panni paradossali dell'amico casanova di Rick & Fred che legge le donne al radar peggio di un Terminator (G-E-N-I-A-L-E ed esempio vivente del rapporto speciale che lega i Farrelly ai loro attori: anche dopo la candidatura all'Oscar, Jenkins fa il pagliaccio senza ritegno solo per i fratelloni) e un malato di mente (sembra il fratello del Chris Elliott di Tutti pazzi per Mary) protagonista del momento d'azione quasi pericoloso che c'è in ogni commedia di Peter & Bob.
Morale della favola? Come spesso è capitato con questi due registi, pecoreccio & sentimento, cattiveria & lieto fine, possono andare a braccetto come marito & moglie di una coppia bislacca ma per questo ben assortita. Ode a Stephen Merchant: non solo l'autore inglese dell'originale The Office fa crepare dalle risate in una scena dicendo solo “Bjork”, ma guardatelo dopo i titoli di coda protagonista di una mini black comedy la cui chiusa è un esempio semplicemente magistrale di humour anglosassone.
Ripensando a 10 (1979) di Blake Edwards, con cui Libera uscita ha in comune il maschio protagonista in andropausa, si deduce cha la commedia hollywoodiana del 2011 è anni luce più moralista, conservatrice e bacchettona di quella gemma maliziosa di più di 30 anni fa in cui Dudley Moore, Julie Andrews e Bo Derek sapevano molto bene che la monogamia non è direttamente proporzionale al concetto di fedeltà. In onore del maestro Edwards, scomparso lo scorso dicembre 2010, i Farrelly fanno anche una gag d'impianto scenografico con una finta parete divisoria tra una lavanderia e un equivoco centro massaggi che avrebbe fatto schiattare dalle risate l'indimenticabile regista della Pantera Rosa.
Sono tornati ai livelli del passato? Decisamente sì. Meglio dello Spaccacuori, meglio dell'Amore in gioco. Una farsa coniugale abitata da parole, ragionamenti, saggezza, facce e situazioni divertenti che massacra, ad esempio, Il dilemma di Ron Howard. I Farrelly hanno preso spunto dai loro matrimoni di ferro? Hanno realizzato questo film come mantra propiziatorio al fine di rimanere, come il loro eroe Blake Edwards, con la stessa donna per tutta la vita pur circondati da mille tentazioni hollywoodiane? Forse sì. Anche se non sapremo mai la verità fino a che non parleremo, ovviamente, con le due Signore Farrelly.