The Holdovers - Lezioni di vita, la recensione

La recensione di Lezioni di vita, il nuovo film di Alexander Payne che torna a lavorare con Paul Giamatti nel ruolo protagonista, tutto in stile anni '70

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di The Holdovers - Lezioni di vita, il film di Alexander Payne in sala nel 2024

La caratteristica più evidente di Lezioni di vita è come si presenti  in tutto e per tutto come una produzione anni ‘70. Non è solo un film in costume, è un film in cui l’ambientazione anni ‘70 è accoppiata a una forma da film anni ‘70 della New Hollywood. Capiamo quanto sia importante dal fatto che viene presentata subito. La prima sequenza, il logo della casa di produzione, il simbolo “Rated R” e poi proprio il font dei titoli di testa e come sono sovraimpressi su immagini che stabiliscono l’ambientazione (un college), preparano lo spettatore a vedere un film retrodatato, girato e scritto oggi per apparire come scritto e girato negli anni ‘70. Come sempre è un truffa. Questo è un film moderno. Solo che stavolta è una magnifica truffa.

Non c’è solo la nostalgia dietro questa decisione (per quanto sia un pezzo importante del suo fascino) ma anche la possibilità di aggirare alcune forzature e alcuni ostacoli del cinema contemporaneo mascherandosi, e quindi giustificandosi, dietro un’apparenza d’epoca. Lezioni di vita è infatti un film di uomini che parla di questioni maschili e affronta caratteri e rapporti puramente maschili. Un personaggio femminile tra i protagonisti c’è, ma suona sempre come un’aggiunta, una spettatrice e un’agevolatrice del rapporto tra questo professore e questo ragazzo costretti a rimanere insieme, da soli in tutto il college, durante le vacanze di Natale. Molto vicino al cinema indie americano dei primi anni 2000, il film di Alexander Payne usa la sua maschera anni '70 per permettersi un altro ritmo e un fascino demodé nelle relazioni tra persone che è un segreto non diverso da quello dietro i sentimenti di repressione romantica di Carol di Todd Haynes.

Probabilmente questo è il film meglio scritto di Alexander Payne, una vera gioia fatta di narrazione morbida dal passo giusto e scavo accurato di personaggi che, semplicemente, oggi non sono di interesse per il cinema. Anche per questo probabilmente serviva retrodatare tutto. Come ci voleva necessariamente Paul Giamatti nella parte protagonista, cioè qualcuno lontano dagli standard dei protagonisti contemporanei, bravissimo nella caratterizzazione della disperazione, capace di manipolare tanti toni. Lui è il direttore d’orchestra in campo, il suo personaggio dà i tempi comici quando servono e quelli drammatici quando bisogna passare lì, è una persona a tutto tondo, fatta di contraddizioni, difetti e pregi che comprendiamo sempre benissimo. Più che l’evoluzione del ragazzo è la sua evoluzione che porta avanti la storia (altra differenza rispetto ai film degli anni ‘70).

Nonostante la sua incredibile piacevolezza modellata su film come Cinque pezzi facili, però Lezioni di vita non fa poi un lavoro da cinema anni ‘70, non fa cioè un film di protesta in cui studente e professore scoprono un terreno comune e mentre il primo diventa uomo il secondo capisce le istanze politiche di un mondo che sta cambiando. Nonostante il contrasto sia tra il massimo dell’antiquato e lontano dalla modernità (un uomo con un forte strabismo e un problema di odore della pelle che lo rendono respingente) e un ragazzo brillante ma molto arrogante, che ha bisogno di conoscere se stesso come prima cosa, lo stesso non c’è qui quella bramosia di attaccare un mondo per cambiarlo tipica del cinema anni ‘70, c’è semmai il contrario: la bramosia del ritorno al vecchio, la malinconica (e probabilmente sbagliata) accettazione che un buonissimo film come questo si possa contrabbandare solo se mascherato come d’epoca.

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