Lezioni di cioccolato 2 - la recensione

Più centrato sul duetto Argenter/Shapi, sulle differenze culturali in campo sentimental/matrimoniale e sui Baci Perugina, arriva il sequel di Lezioni di Cioccolato...

Critico e giornalista cinematografico


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Quasi 5 anni fa il primo Lezioni di cioccolato apriva ufficialmente una stagione che non ufficialmente era già aperta da tempo, quella di un cinema italiano di livello medio più che buono.

Sommando diversi talenti già abbastanza consolidati, da Fabio Bonifacci a Pannofino fino a Cattleya (vero demiurgo di questo miglioramento globale), il film trovava quello che solo qualche tempo dopo si capì essere il catalizzatore perfetto: Luca Argentero, il bello da commedia, e gli metteva accanto un cast di comprimari da commedia anni '50 su cui trionfava Hassani Shapi, anche lui destinato ad una gran carriera da caratterista.

Dopo la defezione di Scamarcio (che pure era stato ottimo in L'uomo perfetto), desideroso di "impegnarsi" in orrende fiction televisive o film sbagliati di presunti autoroni, Cattleya ha trovato quel che cercava in Argentero.

L'icona da star system italiano anche qui fa il suo lavoro e, sebbene muti il contesto attorno a lui (più interazioni con l'egiziano Kamal, una straniera da conquistare, un maestro della cioccolata da aiutare), non cambia l'idea che c'è dietro al progetto: commedia sofisticata fondata su un umorismo sofisticato.

Inutile soffermarsi sull'idea di piazzamento del prodotto che soggiace ad un film che ha il cioccolato nel titolo e la Perugina nelle scene (se fai cinema sofisticato, lo fai con un'idea di cinema commerciale e un'idea più aggressiva di sponsorizzazione fa male solo a chi non è capace), la vera forza del film sta tutta in Hassani Shapi, il primo vero caratterista non italiano del cinema italiano.

Con un ruolo più ampio e arioso rispetto al primo film, ma sempre al servizio dei protagonisti e mai da solo sotto il riflettore, questo straordinario attore keniota regala un'altra prestazione che tiene in piedi un film intero.

Dotato di tempi comici innati e di una capacità non comune di mescolarsi con il modo di agire e reagire italiano (lui che di italiano non ha nulla nè sa nulla) Shapi in ogni film è un'ulteriore scoperta. Forse, escluso Giuseppe Battiston, l'unico attore caratterista che lavora in Italia a essere a livello delle grandi spalle da commedia statunitense.

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