Lezioni di chimica, la recensione

Lezioni di chimica soccombe al peso delle proprie ambizioni, vanificando i propri ottimi ingredienti in una composto finale inerte

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La recensione di Lezioni di chimica, disponibile su Apple TV+

Lo squilibrio delle parti è tra le cause primarie di una reazione chimica non riuscita. Lezioni di chimica, serie limitata che ha da poco esordito su Apple TV+, inciampa nel proprio percorso lastricato di ambizioni, producendo un miscuglio tumultuoso di momenti intensi e sequenze insulse. Il fine ultimo del racconto, annebbiato da una foschia di buone intenzioni, rimane un miraggio lontano, sfuggente alla presa di una narrazione incerta.

La serie, tratta dall'omonimo romanzo di Bonnie Garmus, promette sin dalle battute iniziali un'esperienza cinematografica intrigante e progressista, ma consegna al pubblico una miscela instabile di elementi contrastanti. A una prima occhiata, come detto, Lezioni di chimica presenta tutte le buone intenzioni possibili, corredate di personaggi complessi e tematiche audaci. Tuttavia, è la sostanza a mancare di reattività, precipitando in un amalgama di cliché e prevedibilità.

Protagonista in lotta

La protagonista, la giovane ricercatrice Elizabeth Zott (Brie Larson, perfettamente a suo agio), è un prodigio della scienza relegato ai margini del suo campo a causa del sessismo pervasivo degli anni '50. Questa premessa, di per sé già vista in diversi prodotti dell'ultimo decennio (da Mad Men a Masters of Sex passando per il recente Funny Woman), si dissolve rapidamente in una narrazione scialba. L'intelligenza di Elizabeth non è un catalizzatore di cambiamento, ma piuttosto uno spunto poco sviluppato. La sua lotta contro le convenzioni sociali, ben lungi dall'essere rivoluzionaria, rimane superficiale.

Colei che dovrebbe rifulgere come faro di speranza si riduce dunque a essere un fulmine di potenzialità intrappolato in un laboratorio di conformismo. La sua lotta, brillantemente condotta attraverso il canale "innocuo" di un programma di cucina, è resa quasi effimera dalla scrittura traballante, che oscilla tra la profondità emotiva e il sensazionalismo forzato. Laddove il pubblico cerca una reazione esplosiva, la serie offre una serie di esperimenti mancati, ciascuno presentato con un pathos narrativo vacillante.

Difficoltà di miscela

I temi potenti della liberazione femminile e dell'emancipazione personale vengono erosi dalla mancanza di focus. La narrazione, una danza frenetica di elementi disconnessi, lotta per forgiare una coerenza chimica. Tanto Elizabeth quanto Calvin (Lewis Pullman), il brillante chimico in odor di Nobel di cui s'innamora, sono prigionieri di un racconto che sacrifica la profondità per una superficialità colorata; sembra quasi che la serie tema di non intrattenere abbastanza, ma che non voglia sforzarsi per combinare degnamente la sua verve leggera con le tematiche di cui si è fatta carico.

Occorre però mettere in campo una lente di ingrandimento puntata sul paesaggio visuale della serie. Le ambientazioni, i costumi, le sfumature estetiche sono magistrali, e la straordinaria cura dedicata alla composizione delle immagini trascende la mera ricercatezza e, se fosse supportata da una sceneggiatura altrettanto vivida, farebbe assurgere la serie ai vertici della produzione televisiva di quest'anno. Invece, ogni sua inquadratura finisce per restare una gemma isolata, una molecola che non reagisce, un elemento statico in un universo che implora movimento.

Esperimento fallito

Lezioni di chimica flirta con questioni sociali rilevanti e attuali, ma le sue volatili intenzioni evaporano, lasciando dietro un residuo di idee non realizzate. Ogni episodio sembra una reazione isolata piuttosto che parte di una catena coesa. Gli spettatori vengono così trasportati in un viaggio frammentario, attraverso salti temporali e svolte narrative che, piuttosto che arricchire la trama, la diluiscono in un composto inerte.

Ogni tentativo di affrontare temi potenti come la discriminazione di genere e la lotta per l'emancipazione è indebolito da un approccio che confonde l'intensità con la profondità. In questo scenario, i personaggi secondari diventano pedine archetipali di un gioco ambizioso e tracotante, la loro complessità psicologica ridotta a mero stendardo di un tema sbandierato. La storia della vicina di casa di Elizabeth, Harriet (Aja Naomi King), ricca di possibilità ma relegata sullo sfondo, è emblematica in tal senso. Così come la lotta per i diritti civili che rappresenta, Harriet diventa una nota a margine dimenticabile in un testo dalle ambizioni rivoluzionarie.

Mancata reazione

La serie non è un fallimento totale, anzi; piuttosto, è un esempio gradevole di un potenziale non realizzato, un promemoria che la bellezza e la profondità necessitano non solo di ingredienti di qualità, ma anche di un artigiano capace di mescolarli con maestria. La reazione è avviata, ma il prodotto finale è instabile, un composto che illumina e frizza, ma alla fine si dissolve in un’effervescenza di buone intenzioni e opportunità mancate. Non c'è originalità nel modo in cui la serie tenta di combinare i materiali, e il suo colore sa tristemente di già visto.

L'arte, come la chimica, è un esperimento audace in cui ogni singola parte contribuisce al risultato finale. In Lezioni di chimica, vediamo la potenza della reattività irrealizzata, un mix di potenzialità esuberanti e realizzazioni timide, una danza di elementi che, pur avendo in sé la potenza della trasformazione, inciampano nel momento cruciale della reazione.

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