Les Promesses, la recensione | Venezia 78
Uno stabile popolare fatiscente da riqualificare è il MacGuffin di Les Promesses, un pretesto per giocarci l'anima di due politici
House of Cards in poco meno di 100 minuti e tutto concentrato sulle promesse.
Non c’è niente a cui crediamo meno delle promesse politiche, eppure le promesse in politica sono il terreno su cui si gioca tutto. Promesse ai cittadini, promesse tra avversari, promesse tra dirigenti di partito e tra colleghi. La riqualificazione di un edificio sede di case popolari fatiscenti è l’obiettivo di una sindaca dall’invidiabile percorso ma quasi a fine mandato, è un appalto da 63 milioni che va approvato, solo che l’insolvenza (per protesta) di alcuni condomini può bloccare l’approvazione. Per risolvere il problema parte così il giro di promesse della sindaca (Isabelle Huppert) e del suo vice (il solito eccezionale Reda Kateb, che trasforma un ruolo di testa in uno d’azione, che uomo...).
Les Promesses è un film di politica duro e puro, in cui capiamo diversi meccanismi, intrighi, piccole truffe, raggiri e manovre dell’agire politico piccolo e grandissimo. Fino all’Eliseo. Uno che ha il coraggio di non avere solo gli anti eroi ma anche dei personaggi realmente idealisti, con a cuore l’onestà, il rispetto delle promesse e lo stabile. In gioco c’è la loro carriera ma anche la loro anima. La prospettiva di un posto da ministro farà saltare ogni equilibrio e da lì vedremo un animo che sembrava corretto diventare nero, perdersi, incancrenirsi nella politica dell’intrigo da che si occupava di quella dei fatti.
Isabelle Huppert ha il ruolo che le compete, un po’ maschera dei suoi soliti ruoli freddi e calcolatori, ma (di nuovo) è Reda Kateb con il suo idealismo popolano, volto da periferia e abiti da buon governo a fare la differenza.
Presentato in apertura nella sezione Orizzonti.
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