L'Era di Conan vol. 1: Bêlit, la recensione

Nella miniserie di Bêlit firmata da Tini Howard e Kate Niemczyk non emerge affatto la portata della creatura di Robert E. Howard

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Age of Conan: Belit #1, anteprima 01

Da quando Conan il Barbaro ha fatto ritorno alla Marvel, diversi sono stati i progetti che hanno interessato l’universo narrativo creato da Robert E. Howard. Tra questi c'è anche L’Era di Conan: Bêlit, miniserie in cinque parti scritta da Tini Howard (Thanos) per i disegni di Kate Niemczyk (Mockingbird) e le copertine di Sana Takeda (Monstress).

L’opera è stata presentata da Panini Comics in un brossurato che ci permette di approfondire il passato della Regina della Costa Nera, protagonista insieme al Cimmero dell’omonimo racconto in prosa originariamente pubblicato nel 1934. Torniamo dunque all’alba del mito, quando la piratessa che fece perdere la testa a Conan era solo una ragazzina che viveva nella città marittima di Asgalun insieme al padre, Re Atrahasis.

Nonostante i tentativi del temibile ammiraglio di tenerla lontana dal proprio mondo, Bêlit sente forte il richiamo del mare ed è pronta a rivivere quelle avventure che hanno reso suo padre un uomo rispettato da tutti. Purtroppo, una serie di drammatici eventi la costringono ad accelerare il suo processo di crescita: rimasta orfana, si ritroverà sola ad affrontare un’esperienza che la trasformerà definitivamente nel personaggio che tutti conosciamo.

La Howard compone la più classica delle storie di origini ricalcando lo schema di moltissime altre: l’infanzia segnata dalla perdita della madre e un carattere ribelle che porta la protagonista a scontrarsi con un padre deciso a regalarle un futuro stabile e lontano dai pericoli. Nonostante ciò, il racconto risulta a suo modo dinamico, con battaglie piratesche e scenari esotici che rendono la lettura piacevole, seppur fin troppo leggera.

La penna della Howard delinea una donna che incarna i principi di un femminismo ante litteram, una combattente forte ed emancipata in grado di comandare una ciurma di pirati con i quali razziare e accumulare ricchezze. Purtroppo, però, la scrittrice si limita a lavorare in superficie e sembra non entrare del tutto in sintonia con la natura del personaggio, imbastendo una vicenda che finisce per non incidere nella sua mitologia.

"Un fumetto non all'altezza delle altre recenti produzioni Marvel dedicate al Cimmero e in cui non emerge affatto la portata del lavoro di Robert E. Howard."Pur presentandosi decisa e risoluta, la piratessa al centro di questo volume non risulta granché carismatica, e la sua storia scivola via senza lasciare traccia. Nei primi capitoli non rileviamo alcun approfondimento psicologico, e solo verso la fine riconosciamo quelle che potrebbero essere le motivazioni che hanno portato Bêlit a intraprendere il suo viaggio.

Poco centrata anche la prova della Niemczyk: lo stile dell’artista polacca è sì adatto per portare su carta la dinamicità degli scontri e a conferire un tono più giovanile all’insieme, ma di contro latita la capacità di trasmettere l’ardore, la drammaticità e la sensualità della ragazza, componenti centrali per la riuscita di una storia come questa. Decisamente più ammalianti le copertine firmate dalla Takeda, sublime nel regalarci delle illustrazioni che catturino lo spirito dell'originale Bêlit.

Ci troviamo dunque di fronte a un fumetto non all'altezza delle altre recenti produzioni Marvel dedicate al Cimmero - Conan il Barbaro e La spada selvaggia di Conan - e in cui non emerge affatto la portata del lavoro di Robert E. Howard, con una Regina della Costa Nera che ne esce sì proto-femminista e combattiva, ma anche tristemente normalizzata.

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