Lemony Snicket’s A Series of Unfortunate Events

Ci sono film che hanno una risposta di pubblico decisamente strana. E’ il caso per esempio di questa pellicola con Jim Carrey tratta da una fortunatissima serie di libri per ragazzi.

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Vedendo un film del genere, si penserebbe che dovrebbe fare molti più soldi di un qualsiasi episodio di Harry Potter, serie cinematografica che non ha mai soddisfatto le attese (a parte la prima ora del terzo episodio). Sì, d’accordo, la Rowling vende ancora molto di più del buon Daniel - Lemony Snicket - Handler, ma com’è possibile che una pellicola molto più cool e raffinata come questa non faccia sfracelli al botteghino?
Forse il problema è il target. Mentre per Harry Potter il pubblico è formato chiaramente dalle famiglie (bambini piccoli più adulti), in questo caso lo spettatore tipo dovrebbe essere di adolescenti, se non fosse che molti di loro preferiscono film horror e d’azione e comunque non vanno più accompagnati dai genitori.

Comunque sia, vediamo di analizzare meglio Lemony Snicket’s A series of Unfortunate Events. L’inizio vorrebbe essere straniante, ma in realtà non è nulla di eccezionale per chi ha un minimo di esperienza con i Monty Python e tutti gli artisti folli che hanno tratto ispirazione da loro.
Va decisamente meglio con il narratore Lemony Snicket (a cui presta la voce Jude Law), che racconta i fatti del film, non mancando talvolta di interrompere l’azione sul più bello.

Da lì, entriamo in un mondo che, nei momenti più felici, è in grado di reggere il paragone con il miglior Tim Burton. Non solo ville accanto ai cimiteri e sfondi magnificamente desolati, ma anche una buona dose di citazioni colte (il giornale Drama Logue con in copertina Lon Chaney, che peraltro fa capire che l’azione si svolge in un’epoca decisamente particolare) che rendono l’esperienza veramente gradevole anche per gli adulti. E che dire della strepitosa villa sul burrone e dell’utilizzo assolutamente notevole degli effetti speciali (a parte un enorme serpentone poco convincente)?

Tutto questo in un bel clima di paranoia, in cui ognuno può rivelarsi un nemico al servizio dell’istrionicamente malvagio conte Olaf. E dove gli adulti sono quasi sempre imbecilli, superficiali e disattenti, come sottolinea spietatamente anche Jim Carrey in un ottimo monologo.
Peccato che Brad Siberling riesca sì a rappresentare il mondo di Lemony Snicket in maniera visivamente efficace, ma non abbia la stessa abilità nel tenere a freno l’esuberanza di Jim Carrey. Il comico canadese è talvolta irresistibile, ma ogni tanto il suo istrionismo non è efficace per lo sviluppo della storia e si ha l’impressione che il regista abbia paura (motivazioni contrattuali?) di staccare la macchina da presa da lui. In particolare, quando gli eccessi di Carrey vengono a contatto con quelli della Streep, si rischia l’overdose. Anche perché, a differenza di Harry Potter, qui i giovani attori sono assolutamente convincenti e in grado di reggere il peso sulle loro spalle, quindi non ci sono scuse.

Nonostante poi il film riprenda ben tre libri della serie, poco ancora si capisce della cospirazione e della missione dei genitori Baudelaire. Si ha l’impressione che i produttori abbiano dato per scontato il successo dell’operazione, non mancando di lasciare un cliff-hanger che incuriosisca (almeno per chi, come il sottoscritto, non ha letto i libri in questione).
Resta il fatto che un buon andamento della pellicola sarebbe auspicabile anche semplicemente per il suo valore intrinseco. D’altronde, quando i soli titoli di coda valgono il prezzo del biglietto, non ci si può lamentare troppo...

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