Legione: Trauma, la recensione
Abbiamo recensito per voi Legione: Trauma, miniserie di Milligan, Torres e Ferguson raccolta da Panini
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Signore e signori, siete pregati di salire a bordo e sedervi al vostro posto. Il tempo di accomodarvi, e il comandante Peter Milligan sarà pronto a regalarvi un'esperienza decisamente bizzarra: coadiuvato dai suoi assistenti di volo Wilfredo Torres e Lee Ferguson, il pilota promette di condurvi nei meandri della psiche del mutante David Haller, noto anche come Legione, dove incontreremo la moltitudine di personalità che la popolano e i loro sorprendenti super poteri.
Per affrontare in maniera decisa il problema, però, c’è bisogno di una figura del settore esperta, e chi meglio della dottoressa Hannah Jones – la psicologa dei VIP, com'è stata ribattezzata dai media – può aiutare il povero mutante? Il suo apporto alla causa potrebbe essere utile per ristabilire l’equilibrio di potere rotto dall’oscuro Lord Trauma, deciso a reclamare il totale controllo sulla legione di personalità di Haller.
La prospettiva di un tour attraverso un mondo oscuro animato dalle creature più paurose o i ricordi più intimi di un ragazzino ferito è allettante, ma viene disattesa: sebbene i primi capitoli di Trauma introducano la vicenda gettando solide basi, il prosieguo si rivela debole e senza particolari spunti d’interesse. La colpa va ricercata nei diversi aspetti che compongono questo volume: su tutti una caratterizzazione dei personaggi non particolarmente ispirata e la ripropsizione di situazioni abusate. Il confronto con la controparte televisiva vede il David cartaceo uscirne sconfitto, privo della benché minima emozione che possa in qualche modo legare il lettore alle sue sorti.
La scena viene catturata da Hannah: partita in sordina, la psicologa – insieme a Tami Haar – si dimostra protagonista di una crescita individuale ragguardevole, soprattutto nelle battute finali in cui deve affrontare demoni provenienti dal suo passato. Sostenuta da dialoghi spesso poco incisivi e noiosi, la vicenda nella sua interezza si risolve in maniera frettolosa, senza trovare un valido sostegno argomentativo. L’ultima tavola ha il merito di gettare un po’ di scompiglio e farci ricredere su quanto letto ma, per un titolo del genere, le aspettative erano ben altre.
Un discorso analogo può essere esteso anche ai disegni di Torres: l’attento studio sul character design produce buoni risultati, impressionando per la capacità con cui materializzare suggestioni così diverse tra loro; di contro, lo stile minimale dell’artista statunitense risulta fin troppo legnoso, poco espressivo e incapace di trasmettere la potenza della storia; meglio quando si tratta di delineare scenari immaginifici, esaltati dalle colorazioni pop di Dan Brown, sebbene nessuno di questi brilli per originalità.
Il consiglio è di non perdervi le copertine dei numeri originali, realizzate da Javier Rodriguez, presenti nel volume: quelle illustrazioni così bizzarre ci restituiscono l’ideale cifra stilistica della miniserie, che tutto sommato risulta un'occasione sprecata.
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