Legion 3x04 "Chapter 23": la recensione

Nella sua ultima stagione Legion tocca vette di metanarrazione che hanno pochi eguali in tv, e trasforma il viaggio nel tempo in forma e linguaggio sperimentale

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Spoiler Alert
Limite o no, la forma di Legion non è mai svincolata dal contenuto dello show. Né è possibile considerarne gli sviluppi narrativi come qualcosa di parallelo rispetto ad una forma che diventa testo, esperimento, dichiarazione d'intenti. Non è avvenuto finora, ed è con passo sicuro che seguiamo questa terza e ultima stagione della serie FX, convinti che riproporrà quell'approccio, cosa che avviene puntualmente. Lo fa ancora in Chapter 23, che segna la metà dell'ultimo blocco di puntate.

Il viaggio nel tempo è l'elemento saliente dell'ultima stagione, ormai è chiaro. Se il tentativo di David di correggere la propria storia nell'episodio precedente non ha avuto esito positivo, il potere di Switch continua a dettare le regole interne del gioco tra i personaggi. Maledizione e manipolazione quindi, un tema quest'ultimo che è sempre andato di pari passo con i poteri di David, e che qui mostra il suo lato più oscuro. Se si vuole concedere alla trama la propria parte, infatti, qui fanno capolino alcuni demoni del tempo, risvegliati dai continui viaggi tra le epoche. Vogliono nutrirsi, uscire allo scoperto, con le loro bocche mostruose e il loro design ispiratissimo, come sempre avviene nello show.

E ci sono i personaggi, quelli storici, alle prese con il collasso delle maglie del tempo. C'è David che non si rassegna del tutto all'impossibilità di sfruttare Switch per i propri propositi, ma dovrà farlo, inevitabilmente. E allora Lenny lo richiama al proprio dovere primario, che è quello di affermare il proprio potere sugli altri, mentre Cary recupera in extremis Switch e Syd è intrappolata in un confronto con una versione più giovane di se stessa. Tanto si doveva alla trama, ma Legion rimane metanarrazione per eccellenza, forse uno degli esempi più alti mai visti sul piccolo schermo in questo senso.

Il viaggio nel tempo genera onde di instabilità che non conoscono confini, che inquadrano limiti per il solo piacere di spazzarli via. Ecco quindi che lo show in quanto tale si aggroviglia su se stesso, saltando e riportandoci per pochi secondi alla trasmissione di The Shield, che fu la serie di punta di FX per moltissimi anni. Un'intuizione geniale che mozza il respiro, ma è solo una pausa di pochi secondi, con la puntina che torna a scorrere sul giradischi, pur se ancora instabile. Il viaggio nel tempo come soluzione di montaggio, con stacchi frenetici, sempre più arditi, tra le stesse scene, prima come semplici fotogrammi mancanti, poi con la sostituzione del movimento stesso. Allora la storia nei suoi momenti più sperimentali diventa pura sequenza d'immagini, omaggia la forma e il contenuto di La jetée di Chris Marker, e lascia ammirati e stupiti.

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