Legion 2x05 "Chapter 13": la recensione
La recensione del quinto episodio stagionale di Legion
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Questo "apparentemente" così inusuale in apertura di episodio, mette l'accento fin da subito sulla necessità di distinguere bene tra ciò che abbiamo visto e ciò che ancora è nascosto. L'intero episodio che segue, il Chapter 13, continua a battere su questo punto alternando in modo equilibrato tra passato e presente. Lo fa illuminando quest'ultimo di rivelazioni continue, fino al colpo di scena finale che ripresenta sotto una diversa luce tutto ciò che abbiamo visto fino a quel momento, e ancora prima. Ne viene fuori un episodio di Legion come al solito diretto in modo creativo, ben scritto, molto ben strutturato. Il tutto si conclude con una sfida aperta che annulla, forse fin troppo, parte degli eventi delle puntate passate, in vista di uno scontro a distanza che si afferma sempre più come il grande nucleo della stagione.
È una spia? Forse sì, dato che "non sta non lavorando" per Farouk. È una vittima? Forse è anche questo, come scopriremo a poco a poco nella puntata. L'episodio, come altre volte nella serie di Noah Hawley, è integrato da momenti estranei alla narrazioni, in cui una voce narrante esprime concetti astratti, sempre in modo creativo. In questo caso nulla di straordinario, considerazioni sugli schemi ricorrenti che identifichiamo non come coincidenze, ma come indizi di qualcos'altro. Più interessante rispetto a quel che la puntata racconta è allora la considerazione di Ptonomy sull'inesistenza del presente. Ciò che è attuale, al di là del suo essere filosoficamente quasi inafferrabile, è comunque tale rispetto ad un passato o un futuro che lo definiscono. La narrazione che osserviamo muta di minuto in minuto all'accrescere della nostra consapevolezza grazie ai flashback.