Legion 1x07 "Chapter 7": la recensione

Arrivano delle risposte preziose e attese nel penultimo, fantastico, episodio di Legion, che conferma la grande qualità dello show

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Tra una progressione orrorifica e un Bolero improvvisato, Legion arriva a un passo dal finale della sua stagione e, possiamo già dirlo, è stato un viaggio decisamente inaspettato quello che ci ha portato a esplorare la mente contorta e parecchio affollata di David Haller. Emancipandosi da quella che sempre più spesso diventa una visione standard sull'universo dei supereroi (soliti caratteri, solite motivazioni), la serie di Noah Hawley ha avuto il coraggio di sperimentare e la capacità di reggere le sue alte pretese. Il Chapter 7, rinunciando a qualcosa sul piano della sperimentazione narrativa – non di quella visiva – ci offre anche quelle risposte che aspettavamo. Lo fa a modo suo, confermando indizi già disseminati nelle scorse settimane e riprendendo collegamenti e personaggi dai fumetti.

Quindi quella che probabilmente è una sedia a rotelle con una X ben riconoscibile ci riconduce al personaggio di Charles Xavier, nei fumetti padre di David. Un flashback – o una proiezione mentale, qui non fa molta differenza – di Amy ci riporta al momento dell'adozione di David. Il piccolo è stato allontanato dalla famiglia dei mutanti, forse per la sua stessa protezione, e possiamo quasi accarezzare il desiderio di vedere Patrick Stewart riprendere ancora una volta il ruolo del Professor X. Legion non si incardinerà mai perfettamente nella mitologia degli X-Men, già traballante di suo al cinema, però nulla impedisce un cameo, l'idea che, da qualche parte nel mondo di Wolverine e Magneto, anche David cerca di trovare il proprio posto nel mondo.

Prima, però, sarà il caso di fare pace con la propria mente. Ed è qui che l'episodio fornisce la seconda importante conferma. Il parassita che abita la mente di David ha un nome: Amahl Farouk, o Shadow King. In fondo è solo un nome, più utile a confermare i sospetti dei lettori che a dirci qualcosa di più sulla sua persona e sulle sue intenzioni. Per quello dovremo affidarci all'ennesimo sogno a occhi aperti di David. Nel momento più buio, da qualche parte si risveglia in lui l'identità più razionale che, con accento inglese (che poi è quello naturale per Dan Stevens), lo invita a far il punto della situazione. Di lì è una conferma dietro l'altra di ciò che potevamo ricostruire ma che ci fa piacere vedere prendere vita sotto i nostri occhi.

La presa di coscienza di David non potrebbe essere più letterale nel momento in cui il mutante riesce a contrastare il parassita grazie all'aiuto di tutto il gruppo. Lenny si prende come al solito la scena nei momenti più sperimentali. Vorremmo che i pochi minuti accompagnati dal Bolero di Ravel non finiscano mai, tra dialoghi muti con scritte in sovrimpressione, movenze alla Beetlejuice per Lenny, e ancora occhi enormi quasi a riprendere una scena del Dracula di Bram Stoker e la solita grande cura nella messa in scena e nell'utilizzo del suono. Tutto comunque sembra risolversi per il meglio, il gruppo riesce a liberarsi finalmente e il mostro viene messo sotto chiave.

L'episodio non rinuncia ad un cliffhanger abbastanza canonico, con lo scontro finale con la Division e forse l'obbligo per David di scatenare il parassita appena messo sotto controllo.

Continua a leggere su BadTaste