Le vacanze del piccolo Nicolas, la recensione

Coloratissimo, complesso ma anche gioiosamente superficiale Le vacanze del piccolo Nicolas bissa la strategia di successo del primo film

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Laurent Tirard l'ha fatto di nuovo. Il secondo film sul personaggio del piccolo Nicolas (inventato da Gosciny e Sempé) è un altro gioiello di umorismo e capacità di parlare a pubblici diversi.

La trama è un pretesto per nuove avventure: la scuola è finita e la famiglia di Nicolas si trasferisce al mare, nuove amicizie, nuove storielle sentimentali e nuovi battibecchi per i genitori. La maniera in cui la sceneggiatura riesce a dare armonia alla sequela di situazione e gag che potrebbero anche funzionare a sè ha già del magistrale. C'è un filo che corre lungo tutto il film dato dal ritmo e dalla maniera in cui la fine di ogni scena annuncia la successiva, capace di creare un corpo unico a partire da materiale apparentemente eterogeneo. Anche i più consueti espedienti (una storia di finta infedeltà sia dei genitori che di Nicolas) suonano nuovi grazie al passo impresso da Tirard attraverso un montaggio a tratti classico ma quando serve spezzato, nervoso ed estremamente comico.

Le vacanze del piccolo Nicolas è cinema ai massimi livelli di complessità, stratificato, intelligente e allo stesso tempo gioiosamente epidermico. C'è un lavoro sul testo originale, sulla trasposizione in immagini in movimento e sul cambio di tempi (dai tempi della carta a quelli del cinema) che è uno splendore. Tante sono le trovate e le idee filmiche per cambiare ogni volta maniera in cui Nicolas entra ed esce dalle inquadrature (come pensa e vive la realtà), che il film sembra nato per il cinema e non adattato ad esso.

Su tutti i comparti però quello in cui risiede il vero segreto del film è quello attoriale. Questa clamorosa trasposizione fatta di sole, colori saturi e di una scrittura geniale per profondità di lettura e sapida superficialità, trova un equilibrio tra farsa e serietà, tra esagerazione fumettosa e realismo filmico proprio con le interpretazioni. Gli attori lavorano su un crinale delicatissimo, Tirard riesce a tenere tutto il cast in bilico tra caricatura e commedia sofisticata; in un mondo che funziona con regole più elastiche di quello vero gli attori mantengono un piede da una parte e uno dall'altra, portano le battute con la sofisticazione necessaria alla commedia ma si agitano e assumono espressioni esagerate da fumetto. A capitanare il cast c'è Kad Merad (non lo si scopre oggi e probabilmente è il miglior attore di commedia che sia possibile vedere nel cinema francese) e figura benissimo Zingaretti con un esilarante produttore di stereotipica italianità. Un gioiello di equilibrio.

Continua a leggere su BadTaste