Le streghe, la recensione | Roma 15

Con molto meno di cui spaventarsi ma per fortuna la stessa visione fatalistica della morte, Le sreghe di Zemeckis è una versione zuccherata del testo di Dahl

Critico e giornalista cinematografico


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Il confronto tra il vecchio Chi ha paura delle streghe? di Nicolas Roeg e Le streghe di Robert Zemeckis è impietoso. La storia tratta dal romanzo di Roald Dahl rimane piena di piccoli elementi non convenzionali, molto molto dura (specie per gli standard attuali di narrativa audiovisiva per l’infanzia) e preservata nei suoi elementi di fascino, ma Zemeckis sceglie di fare il lavoro visivo minimo ed è quindi lontanissimo dalla forza eversiva delle immagini di Roeg.

È proprio la storia a essere ancora oggi abbastanza potente e a conservare un potenziale ben poco conciliatorio. In essa, un bambino (Jahzir Bruno) rimasto orfano dei genitori dopo un incidente, e quindi domiciliato presso la nonna, scopre l’esistenza delle streghe e che queste catturano bambini. La nonna (Octavia Spencer) è una specie di sciamano curatore, conosce la mitologia e possiede un piccolo armamentario per affrontarle, lo stesso lui sarà trasformato in topo assieme ad altri bambini e in questa forma le dovrà combattere. La risoluzione di tutto e il mancato ritorno all’equilibrio iniziale saranno la parte più sorprendente.

Accettato il fatto che questo Le streghe è un filmino piccino e carino che lavora molto sugli effetti visivi (come il precedente faceva con gli effetti speciali) e che non mette eccessiva cura nella narrazione in sé, è proprio un’altra idea di orrore quella messa in campo, molto rassicurante e a tratti abbastanza melensa. Zemeckis si sbarazza di tutto l’armamentario di fulmini e saette, ragnatele e porte che sbattono, non cerca quella dimensione visiva, anzi si rifugia nel colore e nella luce. Le streghe è un film luminosissimo, rischiarato da una quiete che a tratti cozza con i rischi che vivono i personaggi.

Anne Hathaway come anche Octavia Spencer e l’immenso Stanley Tucci sono tutti tarati in linea con la messa in scena, su una recitazione zuccherosissima e su una teatralità che sconfigge subito ogni possibilità di vera paura. Mai davvero spaventosa se non quando mostra i suoi piedi da un dito solo, la cattiva che dovrebbe reggere tutto il film è ben poco calamitante.

La parte migliore di questo Le streghe allora rimane il finale, così poco conciliatorio con la visione della morte fuori che riesce a dare. Normalizzata e vista da una prospettiva molto onesta, la morte è un fatto della vita, un brutto evento che si affronta con grande semplicità e con cui il film stesso viene a patti senza problemi, con la quiete degli eventi più comuni.

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