Le stagioni del Commissario Ricciardi vol. 1: Il senso del dolore, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo adattamento Bonelli dei romanzi del Commissario Ricciardi

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Il Commissario Ricciardi 1: Il senso del dolore, anteprima 01

Come non era mai accaduto in passato, Sergio Bonelli Editore accoglie nel proprio vasto e variegato pantheon un personaggio non suo: si tratta del Commissario Ricciardi, protagonista dei libri di enorme successo firmati da Maurizio De Giovanni. La casa editrice milanese, in stretta collaborazione con lo scrittore napoletano, ha dato vita a una trasposizione in balloon dei suoi primi quattro romanzi, affidata a un team creativo tutto campano. È nata così la collana Le stagioni del Commissario Ricciardi, i cui volumi vengono pubblicati in edizione cartonata di pregio per le fumetterie e in seguito ospitati sulla collana da edicola I Romanzi a Fumetti.

L'interessante proposta editoriale ha esordito lo scorso autunno con l'adattamento de Il senso del dolore, firmato da due nomi ben noti al pubblico di Bonelli: il dampyriano Claudio Falco e il dylandoghiano Daniele Bigliardo.

Un esperimento simile, dall'esito assai pregevole, era già stato fatto qualche anno addietro in Star Comics con I vivi e i morti, di Alessandro Di Virgilio ed Emanuele Gizzi, liberamente tratto dal racconto omonimo del 2005, alla base di tutte le opere successive dedicate all'investigatore di De Giovanni. Quello che il progetto Bonelli ambisce, invece, è trasformare in linguaggio visivo la prosa di De Giovanni cercando di rispettare il più possibile la fonte; in tal senso, Falco e Bigliardo hanno svolto un compito arduo, ma decisamente apprezzabile, evitando intelligentemente un'improbabile traduzione in vignette e trasmettendo l'essenza della storia originale, le suggestioni e le atmosfere delle ambientazioni, così come il carattere e l'interiorità dei personaggi.

L'albo, operando un'inevitabile riduzione, restituisce la trama nei suoi elementi cruciali facendo appassionare all'indagine che segue la tragica vicenda del famoso tenore Arnaldo Vezzi, brutalmente assassinato nel suo camerino, e mostra la facoltà straordinaria di Ricciardi. È un'esperienza che affonda le radici nella sua adolescenza, il Fatto - “così lo chiamavano le comari” - è la capacità di vedere e sentire i morti ammazzati come in una pellicola che replica sempre la stessa scena, ossia l'attimo del trapasso. Ogni volta è un evento che lo investe senza preavviso con una diversa tempesta emozionale legata alla particolare dipartita; è la sua condanna di uomo e la sua fortuna di poliziotto, che ne ha condizionato l'esistenza da allora e che lo ha reso un introverso, un asociale, votato al suo mestiere di instancabile e infallibile sacerdote della Giustizia.

Il Commissario Ricciardi 1: Il senso del dolore, anteprima 02

Anche la variegata schiera di comprimari è delineata efficacemente, dall'immancabile Brigadiere Maione a quello che forse è l'unico amico del Commissario, il Dottor Modo, ritratto con le sembianze del grande Vittorio De Sica; dalla premurosa tata Rosa alla giovane Enrica, che il protagonista, come Leopardi con Silvia, osserva alla finestra di fronte al suo appartamento.

De Falco ha lavorato con bravura e diligenza sulla sceneggiatura ricalcando spesso i dialoghi stessi del romanzo e offrendo una variante in termini di gabbia bonelliana che conosce benissimo e che scompone e riassembla in una soluzione inedita e funzionale. La pagina riorganizzata in riquadri che si sovrappongo uno all'altro, o si incastrano come in un puzzle, favorisce la fluidità della lettura che procede lungo un filo sequenziale di istantanee. L'effetto estetico è moderno e senza dubbio ispirato all'attuale interpretazione americana della tavola, che fonde in un unicum geometria e schema libero.

Il contributo di Bigliardo è altrettanto fondamentale: ci restituisce una sontuosa Napoli degli anni Trenta attraverso alcuni dei suoi palazzi e monumenti più rappresentativi, oltre all'imprescindibile Caffè Gambrinus; la sua arte e la sua formidabile tecnica gli permettono di imprimere ai soggetti un'espressività immediata e naturale, comunicando tutta la loro intimità.

I toni di grigio e i potenti contrasti di luci e ombre vengono inoltre esaltati dalla scelta del colore di Ylenia Di Napoli e Andrea Enrico. L'azzurro pallido scelto per l'occasione rievoca l'inverno, stagione che caratterizza Il senso del dolore, e ne accentua la profonda, conturbante malinconia.

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