Le sorelle Macaluso, la recensione | Venezia 77

Diviso in tre atti che rappresentano tre diverse età della vita delle protagoniste, Le sorelle Macaluso di Emma Dante elegge lo scorrere del tempo come suo tema principe, ma ripiegandosi però troppo insistentemente nella sua stessa struttura di rimandi perde tutta la sua raffinatezza iniziale.

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Cinque sorelle - Maria, Pinuccia, Lia, Katia, Antonella – vivono insieme in un appartamento all’ultimo piano di un condominio di Palermo. Dei loro genitori neanche l’ombra: ma le sorelle Macaluso sanno autogestirsi, e infatti da sole si mantengono affittando le colombe che allevano nel sottotetto, che vengono usate per feste ed eventi.

Diviso in tre atti che rappresentano tre diverse età della vita delle protagoniste, Le sorelle Macaluso di Emma Dante elegge lo scorrere del tempo come suo tema principe, ma ripiegandosi però troppo insistentemente nella sua stessa struttura di rimandi - fatta di oggetti dal forte potere simbolico che ritornano ciclicamente, di gesti ripetuti e di vere e proprie apparizioni di personaggi del passato - perde tutta la sua raffinatezza iniziale.

Perché se c’è qualcosa di davvero meraviglioso e che stupisce di Le sorelle Macaluso è il suo forte potere evocativo, la sua capacità di raccontare un mondo familiare e al tempo stesso del singolo personaggio: e lo fa soprattutto nel lavoro sulle singole scene, in quello della messa nello spazio dei personaggi e della ricerca della significatività dei gesti. Tutto questo lavoro esplode nella sua vividezza soprattutto nella parte dell’infanzia, dove si cominciano a intrecciare i fili della trama e dove si presentano i personaggi, e che quindi risulta ancora più potente nell’essere una perfetta costruzione del mondo della storia. Ma appena si esce dalle singole scene e si ragiona sui tempi lunghi, appena si svela il collante che lega i tre atti e le cinque vite, la storia sembra veramente interrompersi, lasciandoci con tanta partecipazione emotiva da spendere ma con nessun modo in cui poterla usare.

Nonostante questo e l’uso a tratti invasivo della musica (che trasforma il film quasi in un musical, cambiandone improvvisamente il registro), Emma Dante dichiara a gran voce la sua istanza narrativa, e lo fa attraverso l’identificazione e personificazione con la casa. Ripresa con oggettive irreali che la osservano dal soffitto quando non ci sono personaggi in campo oppure guardata a lungo, staccando tardi, anche quando i personaggi sono usciti di scena, la casa diventa una presenza viva e la sesta sorella Macaluso, che è lì per dire alle altre sorelle e allo spettatore che il tempo passa per tutti - e che anche il ricordo non può essere eterno.

Di Emma Dante, con Le sorelle Macaluso, sembra avere visto davvero troppo poco. Ma in quei brevi stralci di estremo realismo si intravede tutto il potenziale che forse, con una struttura diversa, avrebbe avuto modo di esplodere nella sua vera forza.

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