Le Regole del Delitto Perfetto 4x10, "Everything We Did Was For Nothing": la recensione
Le Regole del Delitto Perfetto non s'affranca dalla noia mostrata nella midseason première, ma continua a salvarsi in virtù delle dinamiche relazionali tra i protagonisti
Dacché è tornato sul piccolo schermo dopo la pausa invernale, tuttavia, Le Regole del Delitto Perfetto è stata caratterizzata da un ritmo trattenuto e da una bizzarra reiterazione di concetti e situazioni già visti, e le poche novità non hanno di certo aggiunto mordente a una storia che, sin dal primo episodio della stagione, ha fatto fatica a confermare i picchi di pathos e mistero raggiunti in precedenza.
Come possiamo, dunque, appassionarci a un intreccio che non ha più nulla della tensione originaria dello show? La sorte del figlio di Laurel viene spesso messa in primo piano, ma abbiamo motivo di temere che l'incolumità questo bambino - a cui non si sa perché dovremmo voler bene - sia a rischio, solo perché finito nelle mani del nonno Jorge (Esai Morales)?
C'è, infatti, un'innegabile densità emotiva nelle talvolta usurate meccaniche relazionali tra i protagonisti, e la scena tra Davis e Weil ne è un esempio emblematico; nella medesima scia s'inserisce anche la toccante scena in cui Oliver (Conrad Ricamora), uno dei personaggi più razionali e onesti della serie, si accosta al capezzale del comatoso Simon, confortato di lì a poco da Asher (Matt McGorry).
Finché garantirà al suo pubblico questa costante dose di profondità psicologica, Le Regole del Delitto Perfetto non meriterà mai una completa e irrimediabile stroncatura: certo, la speranza è che ben presto la trama riconquisti quota e offra agli spettatori il minimo sindacale di brivido che una serie di questo calibro dovrebbe contenere in ogni singolo episodio.