Le Regole del Delitto Perfetto 4x05, "I Love Her": la recensione

La nuova puntata di Le Regole del Delitto Perfetto è un drammatico focus su Bonnie e sulla nascita del suo legame con Annalise

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Spoiler Alert
Che grande attrice, Liza Weil. Questo è il primo e fondamentale commento da fare dopo aver visto I Love Her, quinto episodio della quarta stagione di Le Regole del Delitto Perfetto; una puntata incentrata, appunto, sul personaggio di Bonnie Winterbottom ieri e oggi, nella chiusa disperazione della sua giovinezza figlia di abusi e nel suo presente di dura diffidenza, preda di sentimenti contrastanti e intensi nei confronti della sua salvatrice e distruttrice, Annalise Keating (Viola Davis).

Il passato di Bonnie è stato, fino a ora, accennato solo in pochi flashback, e l'origine della relazione tra lei e Annalise non è mai stati chiarita; questa settimana scopriamo finalmente - e non senza un certo stupore - che il legame tra le due donne è nato sotto la peggiore delle stelle nel 2002, quando la giovane avvocatessa difese uno dei molti uomini colpevoli di aver abusato di Bonnie quando quest'ultima aveva solo quattordici anni. La rivelazione è un fulmine a ciel sereno e rimette in discussione le reali motivazioni che spingono Annalise a lottare per una buona causa; vederla incalzare, con le proprie domande, una ragazza vittima delle medesime violenze che la stessa protagonista ha subito nell'adolescenza è quanto di più disturbante a cui la serie di Peter Nowalk ci abbia sottoposto quest'anno.

La colpa di Annalise è solo in parte espiata quando, nei flashback, rassegna le dimissioni e, approdata all'insegnamento, spinge Bonnie a intraprendere gli studi in legge. Frattanto, nella linea temporale presente, assistiamo a una bizzarra seduta tra Bonnie - che si fa chiamare Julie - presso Isaac Roa (Jimmy Smits), che si sta delineando come uno dei peggiori terapisti che la storia della televisione ricordi. Se non altro la sua imposizione alla paziente, costretta a dichiarare il proprio amore nei confronti di Annalise, offre a Liza Weil la possibilità di emozionare ancora una volta il pubblico con una performance di straordinaria intensità.

Raramente Le Regole del Delitto Perfetto era stata così impietosa, all'interno di una singola puntata, verso la propria protagonista: l'Annalise manipolatrice ed egoista che emerge dalle parole di Bonnie trova perfetta corrispondenza nei fatti, allorché la donna accoglie in casa un Connor (Jack Falahee) in crisi e lo spinge a ritrovare una motivazione aiutandola a portare avanti la class action. L'aiuto che la donna offre al suo ex allievo, naufrago nel mare della propria confusione esistenziale, è innanzitutto un aiuto a se stessa e alla propria causa; seppur forse non figlia di una strategia machiavellica, la mossa risulta quindi ascrivibile alla sfera della co-dipendenza già più volte evidenziata dalla serie nel tracciare il profilo di Annalise.

Per il resto, Laurel (Karla Souza) continua la propria relazione sessuale con Frank (Charlie Weber), che a sorpresa riporta alla luce una domanda che il pubblico aveva da tempo archiviato sulla paternità del bambino che la ragazza aspetta. Già in passato abbiamo sottolineato la sopraggiunta fiacchezza della storyline di Laurel ed è significativo come un dubbio di questo tipo, narrativamente banale e in aperto attrito con quanto costruito in questa stagione, sia l'unico elemento in grado di suscitare un afflato d'interesse nello spettatore; non è comunque abbastanza per tenere alta la nostra attenzione, che preferisce concentrarsi sulle bugie di Michaela (Aja Naomi King) al sempre più sospettoso Asher (Matt McGorry).

Ma si tratta, come detto, di sommovimenti secondari rispetto al terremoto emozionale provocato dai flashback di Bonnie; stupisce in positivo come Le Regole del Delitto Perfetto riesca, nei propri momenti migliori, ad arricchire il profilo di un personaggio che conosciamo ormai già da quattro anni - e questo non vale solo per Bonnie, ma anche e soprattutto per Annalise - senza dover ricorrere necessariamente ai colpi di scena, spesso implausibili, di cui costella la propria trama. Sono episodi come I Love Her a mostrarci come la perdita di estensione, necessaria per focalizzarsi su un solo personaggio, corrisponda - se sapientemente gestita - a un aumento esponenziale della profondità.

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