Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra. La recensione
Recensione di Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra, il fumetto di Ratigher premiato con il Micheluzzi 2015
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
La società non teme le ragazzine, teme la morte e la dissoluzione che esse rappresentano. Le ragazzine non hanno molto da dire, non è che facciano granché di per se stesse e non sono delle Rosa Luxemburg e Simone De Beauvoir moderne. Il problema vero è che queste adolescenti ossessionate e prive di qualunque direzione riconoscibile saranno chiamate a sostituire i loro genitori divorziati, annoiati, incapaci di rappresentare un esempio, ignoranti, snob, vergognosamente viziati che ora si specchiano nei figli, nei giovani, e sanno che la fine è vicina perché hanno creato una generazione leggera e senza peso. Non nel senso buono del termine, non carica di quella leggerezza che permette di affrontare con spirito la vita, che si trasforma in comprensione e anelito al cambiamento. Si tratta di una leggerezza fatta di vuoto, di forme senza più contenuto, la leggerezza non dell'aria che è vita e del vento che porta lontano, ma dell'elio dei palloncini, destinati a scoppiare ed essere dimenticati terminato il pianto dei bambini.
Non è un compito facile parlare di Le ragazzine stanno perdendo il controllo. Chi vi scrive non è un fan di questo genere di storie. Questione di inclinazioni personali. Le ragazzine è uno di quei fumetti che, più che raccontare una vicenda, fa una fotografia. Gli eventi sono ben pochi, la trama in quanto tale è scarna. Due ragazzine ribelli fanno casino a scuola, si fanno fare gli esami più assurdi all'ospedale spendendo un sacco di soldi, manifestano il loro bisogno di diversità rispetto alle compagne e soprattutto rispetto a un mondo degli adulti che trovano del tutto inaccettabile. Una è convinta di essere bella, l'altra sa di essere bruttina e grassa. Una è spregiudicata e pensa di essere una leader, l'altra è sottomessa e spera di brillare di luce riflessa. Non sono malate, vorrebbero tanto esserlo, perché almeno avrebbero un motivo per stare male. Ma non ce l'hanno. Non sono più gli anni dei contrasti, delle rivolte, delle passioni politiche, delle grandi ingiustizie. Le lotte sono state anestetizzate, sono sopite in ambiente asettico, come quello degli ambulatori che la Castracane e la Motta, le nostre protagoniste, frequentano assiduamente e inutilmente. Persino essere anarchiche, per loro stessa ammissione, è "una roba della moda".
Ratigher si conferma uno degli autori più espressionisti del nostro fumetto. Le ragazzine è caricaturale, a tratti fastidioso, in certi momenti surreale. Tutti sono mostri, in Le ragazzine stanno perdendo il controllo, e nessuno si salva. Persino la più bella della classe è rappresentata in maniera sgradevole. Lo sguardo dell'autore sulle nuove generazioni è pessimista, non lascia alcuno spiraglio, non sembra intravvedere alcuna salvezza. La narrazione è volutamente sospesa e articolata in tre fasi: in presenza di Castracane, in assenza e in riscoperta di Castracane. Tre sezioni scandite dall'elemento cromatico. I colori sono utilizzati come veicolo emotivo in maniera molto interessante, dallo stesso Ratigher che generalemente è maestro del bianco e nero espressionista. Fortissimi, contrastanti ed esplosivi nella fase iniziale e nella conclusione, declinati nei toni del verde nella parte centrale, durante il tentativo di Motta di farsi una vita senza l'inseparabile amica.
Recensire Le ragazzine è una sfida complicata: da un lato è difficile spiegare i pregi e i difetti di questa storia senza raccontarvela da capo a coda, cosa che non ci piace fare durante una recensione. Dall'altro è complesso farsi un'idea di quale sia il giudizio di valore personale sull'opera (tradotto in volgare, non so mica dirvi e mi sia piaciuto o meno, n.d.r.). Che cos'è questo genere di fumetto, che cosa rappresenta la sua fuga dai clichè e dai luoghi comuni, la sua narrazione così stravagante e diversa (ma non nuovissima)? Non partecipa almeno un po' del desiderio tutto sommato velleitario e vacuo di Motta e Castracane di essere differenti, alternative? Non è frutto di quell'alternativismo oltranzista, ma in definitiva non particolarmente dirompente che a nostro avviso domina nella cultura popolare indipendente del nostro paese da tempo, nella musica, nella letteratura e anche nel fumetto? Il rischio c'è. Castracane è convinta di essere bellissima, ma in realtà è un mostro. Non è escluso che Ratigher sia convinto di essere Scozzari o Pazienza e, in realtà, abbia poco da dire in questo particolare caso. In bellissima e personale maniera, per carità, ma poco.
Non fraintendeteci, non ce l'abbiamo con Ratigher e non vogliamo essere provocatori nei suoi confronti. Piuttosto, il redattore di questa recensione è un po' in polemica con la critica e con il pubblico (e attenzione, anche con se stesso che è un po' critica e soprattutto pubblico), che a volte rischia di inseguire l'alternativo lasciandosi attrarre dalle voci fuori dal coro come da un canto di sirena, senza capire fino in fondo quel che ha letto.
In molti hanno parlato di Le ragazzine stanno perdendo il controllo. A volte, nel leggere recensioni e pareri, anche autorevoli, siamo rimasti un po' interdetti. Abbiamo visto alcuni parlare di "tensione narrativa" del racconto e ci siamo domandati se fosse lo stesso volume che abbiamo letto noi, se si parlasse dello stesso fumetto che ha scritto Ratigher o di altro. Tensione narrativa in una storia in cui le protagoniste, quasi sempre vittime di se stesse o delle scelte altrui, non prendono decisioni? Tranne una, quella finale di Motta, che però arriva inevitabile, fatale, senza alcuna alternativa credibile. No, non c'è tensione narrativa in Le Ragazzine, che tutto vuol fare tranne che coinvolgere. C'è anzi quasi una rinuncia al racconto, come a dire che non vi sono sviluppi, non c'è futuro per una generazione vuota.
C'è invece straniamento evidente e costante, costruito dalla tensione (questa sì) rappresentativa tra una storia di banalità (perché Motta e Castracane sono ragazze banali, per quanto si sforzino di non esserlo) e lo stile visivo allucinato e distorto con cui ci viene mostrata. Realtà e straniamento si strattonano fino alla conclusione in cui il surreale esplode in tutta la sua evidenza. E finalmente possiamo dirlo: Castracane e Motta sono dei mostri, sono orribili e malate. Almeno una delle due.
La lettura del finale rimane, ancora una volta, sospesa, lascia a ognuno di noi il diritto di empatizzare con le due freak (difficilissimo, personalmente), di vedere nella fine azzurra la dimostrazione che l'amicizia rappresentata è sbagliata, morbosa e vuota, oppure di assumere ogni posizione problematica di mezzo. Probabilmente, sta qui il vero motivo per cui Le ragazzine va ricordato come un'opera importante nel nostro fumetto: nell'antiretorica della sua conclusione, che ci salva da una critica verso le vecchie generazioni e le nuove che, onestamente, abbiamo visto sin troppe volte. Non che sia ingiustificata, anche come metafora sociale di una crisi dalle radici lontane che i ragazzi di oggi subiscono, spesso in silenzio e con rassegnazione (l'anarchismo è una roba della moda, ricordate?), ma personalmente non ne possiamo più.
In conclusione: Le ragazzine stanno perdendo il controllo non è certamente un'opera per tutti, no. Nondimeno, tutti dovrebbero leggerla.