Le pupille, la recensione

La storia Natale meno consueta di quest'anno è quella di Le pupille, con orfane in un collegio in lotta intellettuale contro una suora

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Le pupille, mediometraggio di Alice Rohrwacher disponibile su Disney+ dal 15 dicembre

Contemporaneamente la cosa più prevedibile per un mediometraggio di Natale su Disney+ (una favoletta morale con bambine che si svolge nei giorni tra 24 e 25 Dicembre) e al tempo stesso imprevedibile per una piattaforma americana (una storia scritta da Elsa Morante in una lettera a Goffredo Fofi, ambientata in un collegio religioso a metà anni ‘40, e dotata di una morale comunista forte e chiara), Le pupille è il film più bello che Alice Rohrwacher abbia scritto e girato da Corpo celeste. 

Le pupille sono le orfane che non avendo famiglia rimangono nel collegio nei giorni di Natale, loro sono sia protagoniste che coro. Con un’idea di eccezionale semplicità ma anche grandissima capacità direttiva, tutte insieme cantano l’inizio e la fine della lettera che narra le vicende (e la melodia è scelta benissimo, in pieno accordo con lo stile visivo), una di loro in particolare Serafina è al centro di tutto. Colpevole di aver causato uno spostamento della frequenza della radio (da un radiogiornale alla musica di Baciami piccina) che ha portato le bambine a ballare su strofe piene di peccato, etichettata come “cattiva” da suor Fioralba, avrà un ruolo nella questione di una torta regalata da una ricca signora in cambio di orazioni per il suo amore perduto.

C’è qualche (moderatissima) vibrazione da Maddalena zero in condotta ma più che altro c’è tantissimo della maniera in cui da sempre Alice Rohrwacher guarda le bambine, affermando solo con lo sguardo il loro mondo interiore, curiosa di come elaborino ciò che gli gira intorno, ma soprattutto c'è tanto della maniera in cui sa  interagire con loro tramite la direzione della recitazione e il rapporto con l’obiettivo (alla fotografia c’è sempre Hélène Louvart e il lavoro che portano avanti dal primo film sui colori tenui è qui ancora più eccezionale, antico nelle ispirazioni e nelle composizioni ma anche stranamente onirico nei risultati). Le pupille è pieno di tenerezza senza mai cercare la tenerezza. È pieno di grazia senza mai insistere sulla grazia. E ha una capacità davvero rara (per chiunque altro ma, come sappiamo, non per Alice Rohrwacher) di pensare qualcosa solo guardando un volto. In questo caso sono i volti delle bambine, di cui abbiamo l’impressione di sapere tutto solo per come sono posizionate, i cui pensieri ci sono sempre chiari e le cui intenzioni sembrano trasparenti, la parte più chiara della storia.

Inoltre, dimostrando una capacità narrativa di cui gli ultimi due film non fanno sfoggio, Le pupille è capace con pochissimo di creare anche uno strano momento, in cui il taglio di una torta è al tempo stesso sia fonte di suspense (e ci si trova a chiedersi da dove venga tutta questa tensione), sia un passaggio cruciale di una battaglia intellettuale tra una suora e una bambina. Non è difficile leggere negli esiti della trama la vittoria del collettivismo sul potere, un’adorazione per le classi più umili e il loro modo di approcciarsi alla vita, oltre all’idea che la risposta sia sempre nel rapporto con i propri pari e nella condivisione di quello che si possiede, non importa quanto. C’è da essere certi che Goffredo Fofi sia rimasto compiaciuto di questa lettera, di certo, al di là di tutto ciò, il film che ne ha tratto Alice Rohrwacher è un gioiello capace di superare a destra le sue stesse intenzioni ed essere un film per ragazzi, per la famiglia e per gli adulti di raffinatissima ispirazione (apparentemente vecchio nella concezione ma in realtà eterno), senza rinunciare all’armamentario del cinema d’autore ma anzi facendolo lavorare per tutti.

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