Le Leggi del Desiderio, la recensione

Come un pasto già masticato Le leggi del desiderio non riesce ad arrivare dove ambirebbe per mancanza di sapore nei soliti ingredienti

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Cè sempre l'esigenza di salvare qualcuno e nell'atto di farlo essere salvati proprio da quella persona nei film di Silvio Muccino. In Parlami d'amore l'autentica e ruvida sensibilità del protagonista salvava la ragazza perduta in un mare di superficialità, in Un altro mondo era un bambino africano ad essere salvato (e nel farlo salvava egli stesso il protagonista), ora in Le leggi del desiderio il salvataggio è istituzionalizzato, il protagonista fa questo o meglio promette di fare questo nella vita. Un life coach che per promuovere il proprio libro annuncia che cambierà in meglio la vita di 3 sfigati, si misura con un uomo in là con gli anni che ha perso il lavoro e si sente ai margini del mondo moderno, una segretaria al vaticano che di nascosto scrive racconti erotici e l'assistente assegnatagli dalla casa editrice, timida e in difficoltà con gli uomini. Nel fare questo egli stesso verrà salvato grazie all'amore.

Come già nei film precedenti la voglia di Silvio Muccino (anche regista e sceneggiatore del film, ancora assieme a Carla Vangelista) di andare alla radice, acchiappare lo spettatore per i capelli e trascinarlo in un vortice passionale ed estremo che lo metta a contatto con la parte più stordente dei propri sentimenti, si risolve in passioni dichiarate più che vissute.

Le leggi del desiderio nel raccontare i tre soggetti dell'esperimento, le loro vite derelitte e la rinascita attraverso la fiducia in se stessi (che non coincide con i consigli del life coach ma ne è stimolata), lentamente dovrebbe svelare la personalità più complessa, quella del life coach stesso interpretato da Muccino. Tormentato, fintamente sicuro di sè, un uomo che ha sepolto le proprie debolezze (in questo è urlatissima la metafora del padre abbandonato in una casa di riposo) dietro un personaggio sicuro ma privo di umanità.

È questo il passaggio centrale di tutta la storia, da uomo di spettacolo algido e mostruosamente pieno di certezze dell'inizio (il film inizia sul palco) ad essere umano reale e quindi fragile, ed è gestito in maniera così maldestra da essere inaccettabile. Il cambiamento e la possibilità di essere salvati da un'altra persona sono apertamente lo snodo centrale della storia ma non solo la prevedibilità delle svolte (che non ha mai nuociuto ad un buon film) quanto il fatto che esse non riescano ad avere un senso reale, perchè scritte assecondando ciò che già conosciamo, con banalità e senza sorpresa, ammazzano qualsiasi velleità. Muccino rimastica situazioni e costumi così ampiamente masticati da essere ormai privi di sapore.

Come il personaggio di Tom Cruise in Magnolia, anche qui il life coach ha un padre malato dietro di sè a costituire la personificazione della propria umanità dimenticata, eppure la purificazione che questo (assieme all'amore per la segretaria) dovrebbe scatenare asseconda più la commediola sentimentale e i suoi riti sempre uguali, che il cinema elevato a cui Le leggi del desiderio mira.

Silvio Muccino sembra voler dire qualcosa di originale attraverso il massimo del già detto. Invece che creare un mood peculiare, all'interno del quale muovere una storia magari anche usuale (va ripetuto: non c'è nulla di male in questo), nel suo film utilizza gli strumenti di messa in scena per scatenare reazioni dirette, invece che costruire un ambiente da abitare pretende che assemblare solo la sua parte più in vista (un pianto, una scena tenera, un dialogo sentito) basti, invece che scrivere una poesia compone solo le essenziali rime baciate cuore/amore. Se non bastasse la storia principale lo dimostrano le peripezie comprimarie tra uffici da fiction italiana, prelati scandalizzati, abbigliamenti "punk" inaccettabili nel cinema moderno, hacker con il cappuccio che vivono in stanze buie e successi editoriali così subitanei e mal mostrati da essere implausibili.

Continua a leggere su BadTaste